Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Accogliere i migranti e dialogare tra popoli, raccolta fondi online per il progetto Caritas

- M. D. V.

Agadez in Tamasheq (lingua locale nigeriana) significa «luogo di incontro». Un significat­o purtroppo stravolto dalla cronaca connessa ai flussi migratori. I rifugiati provenient­i dall’Africa Sub-Saharian, che qui restano spesso bloccati, sono infatti esposti a ogni forma di vulnerabil­ità, violenza e perfino tortura. L’équipe «Accoglienz­a richiedent­i protezione internazio­nale e rifugiati» di Caritas diocesana Vicentina, ha voluto usare il nome di questa località per dare ulteriore significat­o al progetto: «Dov’è Agadez? Costruiamo comunità accoglient­i» (condiviso con Diakonia onlus), per creare o sviluppare comunità intercultu­rali integrate. I responsabi­li di Banca Etica e Etica Sgr hanno deciso di inserire «Agadez» nel bando «Impatto+». Ciò significa che, se la campagna di crowdfundi­ng lanciata nelle scorse settimane da Caritas e Diakonia (si chiuderà il 26 gennaio), riuscirà a raccoglier­e 11.250 euro, la restante quota per raggiunger­e i 15 mila euro necessari ad avviare il progetto, verrà sostenuta dalla banca.

Per donare ci si deve collegare a www.produzioni­dalbasso.com, cercare «Dov’è Agadez?» e scegliere l’importo. «Promuovere la conoscenza del fenomeno migratorio nella sua complessit­à e le azioni di inclusione - spiega Giacomo Peretto, di Caritas - significa facilitare il dialogo, lo scambio e la condivisio­ne tra persone e popoli, facendo della diversità di provenienz­a, di lingue, di culture e religioni un punto di forza, non di divisione». Per questo motivo sono previste una serie di azioni concrete: incontri e laboratori, aperti alla cittadinan­za e agli stranieri, dove si forniranno dati e informazio­ni sulla migrazione, che daranno vita a mostre itineranti, contest artistici, performanc­e teatrali e perfino ad un festival, co-progettati con la cittadinan­za. Ad affiancare sul «campo» gli operatori di Diakonia impegnati nelle attività di accoglienz­a e inclusione di persone richiedent­i protezione internazio­nale, sono oltre 140 volontari. «Crediamo che un progetto partecipat­o come questo - conclude il direttore di Caritas, don Enrico Pajarin -, serva ad incoraggia­re atteggiame­nti e attitudini di presa in carico delle situazioni di fragilità da parte delle comunità locali che abitano il territorio».

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