Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Intel, lo stop e ilmisterioso Piano B «Il governo ora deve spiegare»
PdeItaliaVivainterroganoUrsosuimancati investimenti inItalia. Zaia: «C’èun’alternativa»
Forse un bel giorno qualcuno si incaricherà di disperdere, documenti alla mano, la cortina fumogena che avvolge da più di un anno a questa parte l’ormai leggendario investimento di Intel in Italia, 4,5 miliardi di euro da destinarsi alla realizzazione di una gigafactory per la produzione di microchip nel nostro Paese, capace di creare almeno 1.500 posti di lavoro, senza calcolare l’indotto.
Dal governo Draghi, che per primo agì per orientare verso la nostra Penisola i programmi di espansione della multinazionale americana, all’attuale ministro per il Made in Italy, Adolfo Urso ( FdI), in molti si sono spesi per accreditare la fattibilità dell’investimento. Tra questi anche (e per primo) il governatore del Veneto, Luca Zaia, che aveva candidato sin dal 2021 l’area di Vigasio, nel Veronese, per ospitare il maxi insediamento. Ma, nel frattempo, Intel è andata dritta su Germania e Polonia, fortemente incentivata dai rispettivi governi nazionali, e le dichiarazioni pronunciate nei giorni scorsi dal Ceo del gruppo americano, Pat Gelsiger, rispondendo a Davos alla domanda di una giornalista, sono suonate come un De profundis per le speranze italiane: «Non escludiamo investimenti in alcun Paese ma al momento in Europa siamo concentrati sugli impianti già annunciati in Germania e in Polonia». La porta non sarebbe definitivamente chiusa, insomma, ma certo, visto da quaggiù, era tutt’altro che un «sì».
Interrogato in proposito, ieri a Venezia il presidente Zaia ha ribadito il concetto: «Noi abbiamo firmato un accordo e finché il governo non ci comunica, in forma scritta, che quell’accordo è saltato, per noi rimane valido. Quando riceveremo un avviso ufficiale dal nostro governo, ci metteremo sopra una pietra tombale. Però - ha aggiunto Zaia - ci siamo mossi anche su altri fronti, abbiamo un “piano B”. Qual è questo piano? Ora non ve lo dico».
Il ministro competente, Adolfo Urso, si astiene da ogni commento. Anche se, non più tardi di un mese fa, aveva sottolineato che il governo italiano, nel corso di questo 2024, conta di attrarre nuovi investimenti di multinazionali nell’ambito del Piano nazionale sulla microelettronica, che dovrebbe mettere in moto svariati miliardi di fondi. «Ci sono diverse ipotesi in campo che riguardano Intel - aveva detto Urso - e che riguardano anche altre multinazionali, alle quali, negli ultimi mesi, abbiamo presentato il nostro Piano. Ritengo che ci saranno diversi investimenti di multinazionali, tra le quali anche, mi auguro, quelli che potrebbero coinvolgere
Intel. Ma non solo quelli, penso che l’Italia possa candidarsi per attrarre investimenti di grandi aziende di Paesi amici». Insomma: la speranza fino a dicembre resisteva, anche se, più che degli accordi concreti, eravamo ancora nel campo degli auspici.
Il problema vero, come sempre accade in queste vicende, sono i soldi. Tanti soldi, per la precisione. Giusto per intendersi: in Germania, il governo federale ha incentivato l’arrivo di Intel (a Magdeburgo, nella parte orientale del Paese) mettendo a disposizione dell’azienda americana finanziamenti o sussidi a fondo perduto pari almeno al 30% dell’investimento totale. Tradotto in numeri assoluti, si tratterebbe della bellezza di 6,8 miliardi di euro. E noi italiani, quante risorse stiamo puntando sul settore strategico della microelettronica? Le ultime notizie in proposito, risalenti al settembre scorso, parlano di 450 milioni, a valere sul Pnrr, stanziati dal ministero di Urso e destinati alle imprese e agli organismi di ricerca titolari di progetti di interesse europeo che promuovono lo sviluppo e l’innovazione sulla microelettronica. Altri 700 milioni erano stati anticipati ad agosto con il cosiddetto decreto Omnibus, sotto forma di crediti di imposta, «al fine di incentivare gli investimenti stranieri e nazionali in questo settore». Sul piano dei numeri, come si vede, la Germania rimane un altro pianeta.
Il senatore di Italia Viva, Ivan Scalfarotto, ha immediatamente chiesto conto al ministro Urso della vicenda Intel, con un’interrogazione formale in cui, senza troppi giri di parole, si chiede di sapere «quali siano le ragioni per cui Intel abbia ritenuto di escludere l’Italia dai propri piani di investimento in Europa » . Mentre Andrea Martella, senatore e leader del Partito democratico in Veneto, ha a sua volta interrogato il ministro delle Imprese, rivolgendogli la domanda più stringente: «Quel che vogliamo sapere è se sia intenzione del governo riavviare rapidamente un dialogo con il Gruppo Intel, allo scopo di fornire tutte le rassicurazioni necessarie all’azienda statunitense per favorire la realizzazione in Italia almeno di uno stabilimento per il packaging e l’assemblaggio di semiconduttori ( visto che la produzione vera e propria, come si è capito, verrà fatta tra Germania e Polonia, ndr). Cosa ha impedito di dare seguito agli accordi che erano stati raggiunti con Intel dal precedente esecutivo nel settembre 2022? Si tratta dell’ennesimo fallimento - chiude Martella della politica industriale di questo esecutivo».
Andrea Martella (Pd) Vogliamo sapere se sia intenzione del governo riavviare rapidamente un dialogo con Intel, siamo davanti a un fallimento della politica industriale