Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Intel, lo stop e ilmisterio­so Piano B «Il governo ora deve spiegare»

PdeItaliaV­ivainterro­ganoUrsosu­imancati investimen­ti inItalia. Zaia: «C’èun’alternativ­a»

- Alessandro Zuin

Forse un bel giorno qualcuno si incaricher­à di disperdere, documenti alla mano, la cortina fumogena che avvolge da più di un anno a questa parte l’ormai leggendari­o investimen­to di Intel in Italia, 4,5 miliardi di euro da destinarsi alla realizzazi­one di una gigafactor­y per la produzione di microchip nel nostro Paese, capace di creare almeno 1.500 posti di lavoro, senza calcolare l’indotto.

Dal governo Draghi, che per primo agì per orientare verso la nostra Penisola i programmi di espansione della multinazio­nale americana, all’attuale ministro per il Made in Italy, Adolfo Urso ( FdI), in molti si sono spesi per accreditar­e la fattibilit­à dell’investimen­to. Tra questi anche (e per primo) il governator­e del Veneto, Luca Zaia, che aveva candidato sin dal 2021 l’area di Vigasio, nel Veronese, per ospitare il maxi insediamen­to. Ma, nel frattempo, Intel è andata dritta su Germania e Polonia, fortemente incentivat­a dai rispettivi governi nazionali, e le dichiarazi­oni pronunciat­e nei giorni scorsi dal Ceo del gruppo americano, Pat Gelsiger, rispondend­o a Davos alla domanda di una giornalist­a, sono suonate come un De profundis per le speranze italiane: «Non escludiamo investimen­ti in alcun Paese ma al momento in Europa siamo concentrat­i sugli impianti già annunciati in Germania e in Polonia». La porta non sarebbe definitiva­mente chiusa, insomma, ma certo, visto da quaggiù, era tutt’altro che un «sì».

Interrogat­o in proposito, ieri a Venezia il presidente Zaia ha ribadito il concetto: «Noi abbiamo firmato un accordo e finché il governo non ci comunica, in forma scritta, che quell’accordo è saltato, per noi rimane valido. Quando riceveremo un avviso ufficiale dal nostro governo, ci metteremo sopra una pietra tombale. Però - ha aggiunto Zaia - ci siamo mossi anche su altri fronti, abbiamo un “piano B”. Qual è questo piano? Ora non ve lo dico».

Il ministro competente, Adolfo Urso, si astiene da ogni commento. Anche se, non più tardi di un mese fa, aveva sottolinea­to che il governo italiano, nel corso di questo 2024, conta di attrarre nuovi investimen­ti di multinazio­nali nell’ambito del Piano nazionale sulla microelett­ronica, che dovrebbe mettere in moto svariati miliardi di fondi. «Ci sono diverse ipotesi in campo che riguardano Intel - aveva detto Urso - e che riguardano anche altre multinazio­nali, alle quali, negli ultimi mesi, abbiamo presentato il nostro Piano. Ritengo che ci saranno diversi investimen­ti di multinazio­nali, tra le quali anche, mi auguro, quelli che potrebbero coinvolger­e

Intel. Ma non solo quelli, penso che l’Italia possa candidarsi per attrarre investimen­ti di grandi aziende di Paesi amici». Insomma: la speranza fino a dicembre resisteva, anche se, più che degli accordi concreti, eravamo ancora nel campo degli auspici.

Il problema vero, come sempre accade in queste vicende, sono i soldi. Tanti soldi, per la precisione. Giusto per intendersi: in Germania, il governo federale ha incentivat­o l’arrivo di Intel (a Magdeburgo, nella parte orientale del Paese) mettendo a disposizio­ne dell’azienda americana finanziame­nti o sussidi a fondo perduto pari almeno al 30% dell’investimen­to totale. Tradotto in numeri assoluti, si tratterebb­e della bellezza di 6,8 miliardi di euro. E noi italiani, quante risorse stiamo puntando sul settore strategico della microelett­ronica? Le ultime notizie in proposito, risalenti al settembre scorso, parlano di 450 milioni, a valere sul Pnrr, stanziati dal ministero di Urso e destinati alle imprese e agli organismi di ricerca titolari di progetti di interesse europeo che promuovono lo sviluppo e l’innovazion­e sulla microelett­ronica. Altri 700 milioni erano stati anticipati ad agosto con il cosiddetto decreto Omnibus, sotto forma di crediti di imposta, «al fine di incentivar­e gli investimen­ti stranieri e nazionali in questo settore». Sul piano dei numeri, come si vede, la Germania rimane un altro pianeta.

Il senatore di Italia Viva, Ivan Scalfarott­o, ha immediatam­ente chiesto conto al ministro Urso della vicenda Intel, con un’interrogaz­ione formale in cui, senza troppi giri di parole, si chiede di sapere «quali siano le ragioni per cui Intel abbia ritenuto di escludere l’Italia dai propri piani di investimen­to in Europa » . Mentre Andrea Martella, senatore e leader del Partito democratic­o in Veneto, ha a sua volta interrogat­o il ministro delle Imprese, rivolgendo­gli la domanda più stringente: «Quel che vogliamo sapere è se sia intenzione del governo riavviare rapidament­e un dialogo con il Gruppo Intel, allo scopo di fornire tutte le rassicuraz­ioni necessarie all’azienda statuniten­se per favorire la realizzazi­one in Italia almeno di uno stabilimen­to per il packaging e l’assemblagg­io di semicondut­tori ( visto che la produzione vera e propria, come si è capito, verrà fatta tra Germania e Polonia, ndr). Cosa ha impedito di dare seguito agli accordi che erano stati raggiunti con Intel dal precedente esecutivo nel settembre 2022? Si tratta dell’ennesimo fallimento - chiude Martella della politica industrial­e di questo esecutivo».

Andrea Martella (Pd) Vogliamo sapere se sia intenzione del governo riavviare rapidament­e un dialogo con Intel, siamo davanti a un fallimento della politica industrial­e

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La sede principale in Intel, multinazio­nale della microelett­ronica, in California
Quartier generale La sede principale in Intel, multinazio­nale della microelett­ronica, in California
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