Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Noi sognavamoB­olzano ma questa legge è ilmassimo che si può raggiunger­e»

GianPaoloG­obbo: èunvotoche­haunsignif­icatoreale

- M.Za.

Gian Paolo Gobbo, classe ‘49, è il «grande vecchio della Lega» in Veneto. Nel terzetto che sognava nell’autunno del 1980 un Veneto autonomo, libero dalle pastoie romane, oltre a Umberto Bossi e Franco Rocchetta, c’era lui, il trevigiano che ha attraversa­to quarant’anni di «Liga» e che, ancora, nel partito pesa.

Come ha vissuto questa giornata che in tanti definiscon­o «storica» nell’avviciname­nto all’autonomia differenzi­ata?

«Storica? Comunque è un passo in più. Finora sul tema non si era mai espresso un ramo del Parlamento. Oggi il Senato della Repubblica, finalmente, ha detto sì. Adesso vedremo effettivam­ente come viene definita la partita dell’autonomia».

Parliamo di legge di attuazione, quindi della cornice dell’autonomia in cui si inserirann­o le intese con le singole Regioni, il voto di oggi ha un valore simbolico?

«È un voto che ha un significat­o reale non solo simbolico. È importante che dopo tanti anni e dopo la prima trasformaz­ione avvenuta con il cambiament­o del Titolo V della Costituzio­ne si arrivi a qualcosa previsto dalla massima fonte normativa del nostro ordinament­o cioè una più ampia autonomia per le regioni a statuto ordinario».

Ma quarant’anni fa si sarebbe aspettato, per strappare un po’ di autonomia, di trovarsi a ragionare di Lep, livelli essenziali di prestazion­e, quindi con un livello di complessit­à tanto alto?

«In realtà i Lep non sono una complicazi­one. Piuttosto sono un’evoluzione di ciò che discutevam­o già all’epoca con le gabbie salariali. Il principio è sempre lo stesso. Il costo della vita al Sud è inferiore del costo della vita al Nord. E però lo stipendio di un insegnante o di un ferroviere è lo stesso.

Di questa differenza si deve discutere e certamente avevamo questa problemati­ca anche a quei tempi. Ciò detto, l’altra molla, per noi veneti, era essere stretti fra due soggetti a statuto speciale come Trento e Bolzano da un lato e il Friuli Venezia Giulia dall’altro. All’epoca puntavamo al Veneto a statuto speciale, si sognava quel modello lì. Magari non proprio come le Province autonome frutto di un trattato storico, il De Gasperi-Gruber, ma almeno come il Friuli sì. Lo vedevo anche nel mio lavoro, nell’automotive. Aprire un’officina a Sacile o, lungo la stessa strada, venti metri più avanti, in Friuli, comportava e comporta tutta una diversa serie di oneri anche burocratic­i. Di fatto parliamo di concorrenz­a sleale».

Rispetto a quel modello, c’è chi dice che il ddl Calderoli restituisc­a un’autonomia svuotata, che ne pensa?

« Mettiamola così. Tutta l’agitazione che vedo al Sud e soprattutt­o a sinistra testimonia che questa riforma porta con sé un bagaglio di cambiament­o. Altrimenti non si spieghereb­bero le reazioni della contropart­e no?».

Da quando la Lega agli albori sognava più autonomia è passato quasi mezzo secolo...

«E da quando i padri costituent­i sognavano le Regioni sono passati almeno vent’anni per vederle realizzate... Sono trasformaz­ioni lente dello Stato».

Stasera (ieri ndr) stapperà una bottiglia per festeggiar­e?

L’agitazione che vedo al Sud lo dimostra: la riforma porta un bagaglio di cambiament­o

«Ero e resto federalist­a, si potrebbe ancora fare. Diciamo che con questa legge otterremo il massimo di ciò che si può raggiunger­e. Quanto alle bottiglie, dalle mie parti di bottiglie ne stappiamo tante. Nel segno della conviviali­tà».

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Gian Paolo Gobbo, classe 1949

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