Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
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Brutta avventura in Indonesia per AlbertoMarcon, trevigiano: «Ora sto bene»
«Oltre a una cicatrice sul corpo porto con me delle riflessioni. Noi surfisti amiamo i posti isolati ma può diventare rischioso se devi chiedere aiuto, pensare di non farcela più lascia sempre qualche segno». Alberto Marcon, 34anni, «surfa» sulle onde della memoria e rivive l’incidente che poteva costargli la vita in Indonesia: un’aguglia lo ha colpito con il suo «becco», ferendolo gravemente sotto l’ascella e perforandogli un polmone. «Sentivo l’aria uscire dalla ferita e a un certo punto ho pensato di morire, forse sarebbero bastati pochi centimetri per riportare conseguenze peggiori — racconta il giovane —. Il peggio è passato, forse potrei avere problemi in futuro, quando dovrò andare sott’acqua, ma diciamo che io preferisco stare sopra (ride, ndr) ».
Marcon sta trascorrendo la convalescenza nella casa di famiglia, a San Pietro di Feletto (Treviso). «Sono nato in Veneto ma da nove anni vivo in Sardegna. Prima facevo l’insegnante di vela e surf, ora lavoro per una ditta che noleggia gommoni. Dovevo tornare a casa per le vacanze di Natale e infatti le feste in famiglia sono state il mio regalo, visto quello che mi è successo».
Partiamo dall’inizio.
«Il 6 dicembre ero in Indonesia, nell’isola vulcanica di Sumbawa, un paradiso per i surfisti. Lavorando d’estate preferisco trascorrere le vacanze nei mesi invernali in luoghi dove poter esercitare il mio sport. Ero lì con un amico e quello stesso giorno avrei dovuto raggiungere la mia fidanzata su un’altra isola, Lombok, dove in realtà sono arrivato, ma per essere ricoverato in ospedale».
Cosa è successo in acqua?
«Non ero ancora in piedi sulla tavola, in realtà stavo “remando” per andare al largo e raggiungere il punto dove si “rompe” l’onda. Improvvisamente ho visto spuntare dall’acqua l’aguglia, ho provato a schivarla ma sono solo riuscito a coprirmi il volto. Nello sbilanciarmi ho rimediato una ferita sotto al braccio».
Si è reso conto della gravità della situazione?
« Ho sentito l’aria uscire dalla ferita, quindi ho capito che c’era stato qualcosa di grave e provavo a tenere il braccio stretto al torace, ma sul momento l’adrenalina non mi faceva percepire il dolore. Ho chiamato il mio amico, chiedendogli di accompagnarmi in spiaggia e da lì in ospedale. Fortunatamente non vado facilmente nel panico. In momenti simili si può svenire ed è molto rischioso, tutto può andare decisamente peggio».
È però iniziato un «tour» negli ospedali indonesiani durato 12 ore.
«Sì, inizialmente ho raggiunto un Pronto Soccorso dove mi hanno saturato la ferita e volevano lasciarmi andare. Io però chiedevo ulteriori analisi perché quando andavo sotto sforzo o tossivo, continuavo a sentire l’aria uscire dal punto in cui mi aveva colpito l’aguglia. In un secondo ospedale hanno riscontrato che il polmone era stato perforato e che avevo un’emorragia interna».
Poi una querelle sull’assicurazione sanitaria.
«Sì nell’ultima clinica privata che mi ha preso in cura. Prima c’è stata una serie di scambi telefonici per capire se la mia assicurazione sanitaria coprisse tutte le spese. Fortunatamente non ho dovuto pagare nulla nemmeno in anticipo e l’intero costo, di 20.000 euro, è a carico dell’assicurazione».
I momenti peggiori?
« Sono sempre stato cosciente e riuscivo a camminare, ma prima di arrivare all’ultimo ospedale ho iniziato a temere il peggio. Quando mi hanno detto: “A Bali non arrivi, dobbiamo trasferirti in una clinica più vicina”, e avevo il drenaggio attaccato ho pensato: è finita. Anche le sette ore di trasferimento in ambulanza sono state dure, ho passato 12 ore in condizioni non buone e alla fine ero stremato. Non perdevo sangue copiosamente ma il versamento era interno».
Aveva mai avuto incidenti gravi con il surf?
«Qualche piccolo incidente ma nulla di così serio, solo taglietti o ferite».
Quando è tornato in Italia?
«Sono stato ricoverato in Indonesia fino al 18 dicembre, così ho potuto prendere il volo che avevo già prenotato per il 21 e rientrare in Veneto per trascorrere le vacanze di Natale con la famiglia. Ho subito effettuato ulteriori visite pneumologiche e ho subìto qualche complicazione, perché la ferita si era infettata. A febbraio rientrerò in Sardegna in vista della ripresa del lavoro. Ora sto decisamente meglio, fisicamente quasi al 100%, mentalmente magari si vedrà quando tornerò in acqua, ma non sento di nutrire timori. Anche se una lezione credo di averla imparata».
Quale?
«Sto ancora realizzando e ragionando sull’idea di aver rischiato di morire per un incidente dovuto a una grande casualità. Mi hanno raccontato che gli incidenti con le aguglie possono capitare, ma sono stato veramente sfortunato per un verso e molto fortunato per altri. Sarebbero bastati pochi centimetri per accusare conseguenze peggiori. E poi sul fatto che noi surfisti amiamo i posti solitari ma che in momenti difficili è sempre meglio essere insieme a qualcuno. Non pensi mai che qualcosa di rischioso posso capitare proprio a te. In realtà vale la tipica frase: non succede, ma se succede...».