Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Fra italiani e stranieri un quinto deimatrimoni
Famiglie e matrimoni, né le prime né i secondi riprendono attrattività. Tanto che se i nuclei composti da una sola persona toccano la percentuale record del 44%, i secondi diminuiscono ulteriormente. Anche quelli civili, che nel 2023 rappresentano il 78%. Nello scorso anno sono stati celebrati complessivamente 243 matrimoni. Il 20% dei quali, ossia 49, sono stati misti, vale a dire con uno degli interessati cittadino straniero. Di questi 49, in venti casi la sposa è italiana, in 29 la sposa è straniera. Per offrire la misura di un costante incremento a questa voce basti pensare che nel 2022 i matrimoni misti rappresentavano quasi il 13% dei totali (32). Dopo l’exploit all’epoca dell’entrata in vigore della legge nel 2016 le unioni civili lo scorso anno sono scese a 11: sei tra uomini, cinque tra donne. Un dato complessivo tra i tanti. Nel 2023 l’età medio dello sposo è stata di 41 anni e della sposa 38. Dieci anni fa, nel 2013, era di 34 per l’uomo, 30 per la donna. Vicenza, dunque, sta cambiando. Meglio: è già cambiata. E la famiglia torna a essere materia di studio. Perché se da un lato il 44% dei residenti è single, il 26% delle famiglie è composto da due persone. La cartina di tornasole, in altre parole, della denatalità. Del calo delle nascite anche tra gli stranieri si è dato conto ieri su queste pagine. Stando al report annuale redatto dall’ufficio statistica del Comune il numero medio di componenti per famiglia nel 2023 si è attestato a 2,06 (nel 2022 era 2,07). Insomma la famiglia è in crisi. E, se possibile, questa crisi è più profonda di quella dei matrimoni, che pure negli ultimi dodici mesi si è tradotta in 41 atti di separazione, 45 atti di divorzio e uno scioglimento di unione civile. Un generale aumento di separazioni e divorzi influisce anche sul gran numero delle famiglie unipersonali, una delle fasce più interessate è quella che comprende donne e uomini tra i 50 e i 60 anni. L’idea di relegare la famiglia e la natalità a un fatto personale e non collettivo è al centro del dibattito. Un dibattito tra addetti ai lavori in realtà. E ciò, per questi ultimi, offre la gravità della mancata percezione della crisi della famiglia come elemento potenzialmente disgregante della società, considerato che la famiglia stessa (intesa come genitori con figli) è il primo attore economico, assistenziale e identitario.