Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Uccise una ragazza sul greto del Piave Biscaro condannato a 25 anni carcere
Elisa Campeol stava prendendo il sole. I genitori: «Meritava l’ergastolo, ora niente sconti»
TREVISOFabrizio Biscaro è stato condannato a 25 anni di carcere. Dopo circa un’ora di camera di consiglio questa è la sentenza di primo grado emessa ieri dalla Corte d’Assise di Treviso. Il 38enne di Col San Martino, reo confesso dell’omicidio di Elisa Campeol, 35enne barista di Pieve di Soligo uccisa il 23 giugno del 2021 con 20 coltellate mentre prendeva il sole in una spiaggetta in riva al Piave all’Isola dei Morti nel territorio di Moriago della Battaglia, è già in carcere.
Sulle base della superperizia psichiatrica secondo cui Biscaro sarebbe stato in grado di intendere e volere al momento di accoltellare Elisa, i giudici hanno accolto la richiesta del pubblico ministero Gabriella Cama di trasferirlo dal Rems di Nogara (Verona) dietro le sbarre. L’uomo ha trovato posto nel carcere scaligero di Montorio che ha al suo interno quella che viene definita una «articolazione per la salute mentale», cioè un padiglione psichiatrico. Il penitenziario è peraltro lo stesso dove si trova recluso in custodia cautelare Filippo Turetta, che ha ucciso la ex fidanzata Giulia Cecchettin, e Benno Neumair, il 31enne di Bolzano balzato alle cronache per aver assassinato i genitori. A Biscaro, nei cui confronti il pubblico ministero nella sua requisitoria finale aveva chiesto la pena dell’ergastolo (non accolta dalla Corte che ha giudicato le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti) sarà applicata la libertà vigilata per 5 anni una volta terminato di scontare i 25 anni. Nei confronti del 38enne è stata inoltre disposta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici oltre alla condanna a pagare un risarcimento alla famiglia della Campeol ( da definirsi in un distinto procedimento civile) a cui per il momento è stata assegnata una provvisionale di 50 mila euro ciascuno per la madre e il padre e 25 mila euro alla sorella.
Nel corso del processo si era sviluppata una vera e propria battaglia legale tra la difesa - affidata all’avvocato Rosa Parenti
- e il pubblico ministero sulla salute mentale dell’imputato, che in una prima perizia era stato definito privo della capacità di intendere e volere al momento del fatto. Una relazione però che l’accusa aveva contestato: si era arrivati così ad una «superperizia» che aveva totalmente cambiato le carte in tavola. Ma quell’esame è stato duramente contestato dal difensore del 38enne che aveva fatto notare come a redigere la relazione fosse stato lo stesso medico che era primario del reparto di psichiatria dell’ospedale di Treviso quando Biscaro venne ricoverato e soprattutto che era a capo dello staff del centro di salute mentale dove l’uomo era stato in cura in seguito ai suoi quattro tentativi di suicidio.
Nel corso della arringa conclusiva il pubblico ministero
Cama aveva ripercorso le tappe che hanno portato a quella tragica giornata: Biscaro che, il giorno prima dell’omicidio, lascia il lavoro perché sente l’impulso a «fare del male» che non riesce a calmare, il sopralluogo che il giovane compie nella stessa giornata proprio all’Isola dei Morti, la sosta al supermercato dove compra il coltello che sarà l’arma del delitto, poi la «fuga» prima a Feltre e poi in montagna. Fino a quando Fabrizio, che si era allontanato da casa con la propria auto portando con sé due zainetti, torna 24 ore dopo sul luogo dell’accoltellamento e tende un agguato alla povera Elisa. Biscaro, secondo il pm, non si mostrerà mai sinceramente pentito. Ma su di lui restano comunque le ombre di una gioventù difficile, passata senza vere amicizie, fatta di un rapporto complicato con i genitori e dell’affetto per la sorella che però è lontana.
«Avremmosperato nella pena dell’ergastolo. Ora l’importante è che non ci siano sconti di pena, sarebbe una presa in giro». La mamma e il papà di Elisa affidano ai cronisti poche parole mentre si stringono intorno al loro legale (l’avvocato Lorenza Secoli) dopo la lettura della sentenza. «Era una ragazza splendida - dice la madre - buona, solare, una persone splendida. Me l’ha massacrata e io lo so bene perché sono dovuta andare fare il riconoscimento della salma. Saremmo stati più soddisfatti se la pena fosse stata quella del carcere a vita. Ora deve però pagare per quello che ha fatto e speriamo vivamente che non ci siano sconti che lo facciano tornare in libertà prima del previsto».