Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Edonico, il sound è pop «Mi ispira la provincia»

Nato nel Veneziano, la sua «Giorni stupidi» campionata daMarracas­h Esce con il nuovo singolo «Karité»

- Francesco Verni

Un sound minimal anni Ottanta e una scrittura delicatiss­ima ma altrettant­o potente, capace di emozionare quando disegna la quotidiani­tà di una vita in provincia: Edonico è il cantautore pop da tenere d’occhio. Veneziano, classe ’95, ha appena pubblicato il nuovo singolo Karité, dedicato alle tante cose che ci legano con qualcuno che non c’è più, che segue i successi di Parterre e

Disperato.

Come nasce Karité?

«Quando l’ho scritta ero a casa mia, in bagno: davanti a me c’era un flacone di shampoo al burro di karité e in quel momento, anche perché mio padre era mancato da poco, i miei pensieri sono andati a quelle persone, cose e luoghi che mi hanno cresciuto, alla mia adolescenz­a. Scrivendo ho pescato dai cassetti provincia, casa, papà».

Nella canzone cita le Dolomiti, di dove è esattament­e?

«Sono di Concordia Sagittaria. Da lì, quando il cielo è terso, si riescono a vedere le montagne, anche se si è a un quarto d’ora dal mare».

Come ha scelto il nome d’arte Edonico?

«A partire dal liceo, mi sono interessat­o alla scuola filosofica dell’edonismo. Mi ha sempre incuriosit­o perché non sono un edonista, non vado alla ricerca spasmodica del piacere. Quindi, come artista, devo fare i conti con questo, con la mia nemesi, la mia mancanza».

Chi sono i suoi maestri?

«Quando scrivo non ho un riferiment­o chiaro nella mente, se non un insieme di tante cose che ho ascoltato e tante esperienze che ho vissuto. Certo, i grandi cantautori italiani sono una grande percentual­e. Guccini è un artista che adoro, anche se non mi sento vicino a lui, mentre in De Gregori mi ci rivedo, anche se non mi ci paragonere­i mai».

A che cosa punta quando

scrive?

«Il più delle volte la mia scrittura è un flusso di coscienza joyciano. In Karité ci sono delle frasi che appartengo­no allo stato d’animo di quel momento a cui cerco poi di dare una forma».

Ci racconta la parabola di «Giorni stupidi»?

«La canzone è nata nella cantina del mio produttore dell’epoca. L’abbiamo fatta sentire a Rokas e abbiamo collaborat­o al suo disco. Poi una settimana dopo l’uscita mi ha contattato il produttore Marz, dicendo di voler prendere il ritornello per un brano di Marracash. Così è nata Gli altri (giorni stupidi). Una bellissima sorpresa».

Con Marracash vi siete incontrati?

«L’ho conosciuto alla presentazi­one di Noi, loro, gli altri poi, dopo mesi, mi taggano in una storia dove Marra proponeva il brano con le voci registrate. Così gli scrivo “Quando è che mi porti con te?”. E come risposta mi arriva un “Vieni!”. Due giorni dopo ero sul palco dell’Ama a cantare con lui e vi sono tornato per altre date del tour “Persone”».

Oggi che musica ascolta? «Tutta musica del passato. Un mio limite è quello di non riuscire a farmi piacere la musica mainstream».

Quindi non guarderà neppure Sanremo?

«Il Sanremo di Amadeus mi piace molto. Farò il tifo per la canzone che mi piacerà di più, l’anno scorso era quella dei Cugini di Campagna».

Essere nato in Veneto l’ha aiutata o è un ostacolo?

«Ho l’ambizione di parlare della provincia né come una denuncia né come un elogio. Ti frena in tante cose, ma con una major si ha la possibilit­à di proporre qualcosa di diverso dagli altri».

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