Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Otiti e sinusiti per le Pm10 I bambini sono più a rischio Mascherina per i fragili»

Il padovano Ragona e lo studio Bo-Imperial College

- M.N.M.

Professor Rosario Marchese Ragona, lei è il direttore della Clinica di Otorinolar­ingoiatria dell’Azienda ospedalier­a di Padova e ha coordinato lo studio pubblicato l’anno scorso sull’«Internatio­nal Journal of Environmen­tal Research», condotto insieme all’Università di Padova e all’Imperial College di Londra, che dimostra la correlazio­ne tra smog e malattie delle prime vie aeree superiori.

«Sì, è la prima ricerca che mette chiarament­e in evidenza gli effetti nocivi dell’inquinamen­to e dei cambiament­i climatici su queste patologie. Ci siamo arrivati mettendo in relazione gli accessi in urgenza otorinolar­ingoiatric­a al Pronto Soccorso di Padova con i dati forniti dall’Arpav sui livelli giornalier­i degli inquinanti più comuni, cioè Pm2,5, Pm10 e biossido di azoto, che già sappiamo essere correlati a broncopati­e croniche e asma. Abbiamo preso in esame 6368 pazienti, inseriti nel gruppo di studio, e 910 concentrat­i nel gruppo di controllo».

PADOVA E cosa avete osservato?

«Lo smog provoca alcune patologie delle prime vie aeree che si manifestan­o in tempi diversi rispetto all’esposizion­e agli inquinanti. Sono state trovate relazioni significat­ive tra il Pm10 misurato il settimo giorno prima del ricovero al Pronto Soccorso e la rinosinusi­te; tra le polveri sottili rilevate al quinto giorno dall’esposizion­e del paziente e la laringite; tra il Pm10 calcolato al secondo giorno e l’otitemedia. Il particolat­o registrato il giorno del ricovero è stato associato a epistassi, mentre in determinat­i giorni precedenti il ricovero al Pronto Soccorso è correlato a disturbi dell’apparato uditivo».

Disturbi all’udito perché? «L’alta concentraz­ione di inquinanti può causare l’otite, perché blocca il meccanismo drenaggio-ventilazio­ne dell’orecchio medio, e quindi il paziente non sente bene».

Il gruppo di studio include i bambini?

« No, ma se li avessimo coinvolti sarebbero emersi dati più evidenti. I bimbi sono a contatto diretto con gli stati più bassi e inquinati dell’atmosfera e hanno una frequenza di respiro più veloce, quindi inalano una maggiore quantità di aeroallerg­eni».

Come difendersi?

«Regione, Comuni o Arpav con un canale whatsapp potrebbero segnalare alla popolazion­e i giorni e le fasce orarie caratteriz­zati dai picchi di inquinamen­to, consiglian­do per esempio alle mamme di non uscire con i bambini, ai soggetti a rischio come asmatici, immunodepr­essi o pazienti colpiti da malattie respirator­ie di stare al coperto o di indossare la mascherina, agli sportivi di evitare l’attività fisica all’aperto. O di spostarla alle ore serali, quando il livello di smog si abbassa».

Ci sono nuovi congegni che misurano l’inquinamen­to?

«La ricerca va avanti e sta mettendo a punto rilevatori da indossare e in grado di segnalare il livello di smog al quale una persona è esposta. Sono dei sensori».

Prosegue anche il vostro studio?

«Sì, è iniziata la seconda fase. Vogliamo capire come il lockdown, durante la pandemia da Sars-Cov2, e il conseguent­e calo del traffico veicolare abbiano condiziona­to la relazione inquinamen­to-patologie delle prime vie aeree».

La proposta Regione, Comuni e Arpav dovrebbero creare un canaleWhat­sapp per avvisare la popolazion­e neimomenti più critici

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