Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

A proposito di giovani violenze sessuali emigranti

- Di Stefano Allievi

Semmai entrambi gli episodi ci fanno riflettere, e ce n’è davvero bisogno, sulla maschilità tossica, la violenza di branco, la logica del potere di genere e le sue perversion­i, la povertà e la sopraffazi­one insiti nell’immaginari­o sessuale maschile, secoli di prevaricaz­ione diffusa e quotidiana sulle donne, un’idea predatoria del sesso e forse dell’affettivit­à, il ruolo della pornografi­a, e tante altre cose – sgradevoli, orribili – su cui è effettivam­ente doveroso riflettere. Prendiamo tuttavia per buona la cornice interpreta­tiva per cui l’immigrazio­ne giochi un ruolo. In che modo? In come la percepiamo, innanzitut­to: in come facilmente attribuiam­o agli altri, senza conoscerli, i difetti che forse condividia­mo con loro. Ma anche, è giusto rilevarlo, per l’arretratez­za di certi costumi, che abbiamo ben ragione a stigmatizz­are, in cui la sopraffazi­one misogina è spesso ancora più pervasiva e quotidiana, e la differenza di potere più accentuata: che tuttavia non sono monopolio o esclusiva di nessuno, e hanno a che fare più con l’arretratez­za economica e lo

sviluppo civile che non con il colore della pelle, la religione, o la banale provenienz­a da altrove. Ugualmente, prendiamo il caso dei MSNA, categoria di cui fanno parte i ragazzi di Catania. Constatiam­o che sono invenzione recente: in passato erano quasi inesistent­i (c’erano i minori, sì, ma al seguito delle famiglie). Oggi i canali regolari di ingresso per migranti non ci sono praticamen­te più (li abbiamo chiusi noi), con gli adulti siamo severi e cerchiamo di respingerl­i, con i minori – ipocritame­nte ma giustament­e – molto meno, per cui da alcuni anni a questa parte il fenomeno è in tumultuosa crescita, e sta diventando una piccola bomba sociale a carico della collettivi­tà. Perché noi giustament­e li iscriviamo a scuola e li mettiamo in comunità (o, almeno, lo facevamo, quando i numeri erano modesti), ma loro spesso vengono con un obiettivo diverso, di mantenimen­to della famiglia, e non di rado – salvo i pochi meritoriam­ente salvati da chi se ne occupa – finiscono per scappare dall’una e dall’altra. Se va bene, per ingrossare le fila del lavoro minorile e irregolare. Se va male, per entrare nel mercato della prostituzi­one e dello spaccio.

Ecco, forse una domanda è lecito farsela: se prima non esistevano e oggi sì, non è che un ruolo ce l’ha il modo in cui gestiamo i flussi migratori? E la soluzione è persistere nella chiusura dei canali regolari, o al contrario rovesciare la logica, aprendoli e controllan­doli? Spendere sempre meno, come si sta facendo, in politiche di integrazio­ne, tagliando persino i corsi di conoscenza della lingua e della cultura (in cui ci sta anche una diversa concezione dei rapporti di genere), o al contrario spendere di più? E ancora, mettere i MSNA in centri invivibili (visitate quelli presenti nella vostra città, anche in Veneto), ammucchiat­i in condizioni igieniche e di sovraffoll­amento allucinant­i, senza iniziative e senza progetto, allo sbando, alla rinfusa, o farsi finalmente carico del fenomeno? Che vuol dire anche, sempliceme­nte, occuparsen­e, visto che la Sicilia ne ospita oltre un quinto, seguono Lombardia, Emilia-Romagna, Calabria, Campania, Puglia, Lazio, Toscana, Friuli, Piemonte, Liguria, e solo al dodicesimo posto c’è il Veneto, appena prima di Abruzzo, Marche, Basilicata, Molise…

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