Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Ilredel «bio»: «Greenunicavia iclientiaccettino dipagaredipiù»
Mentre gli agricoltori lanciano strali contro il «green deal» e la lotta ai fitofarmaci, l’imprenditore del bio veneto, Fabio Brescacin, fondatore del marchio NaturaSì, chiede ai colleghi di frenare, almeno su quella parte della protesta. «Capisco le loro istanze, da decenni la situazione degli agricoltori è difficile e pesante, le aziende sono più povere, senza prospettive, il calo dei prezzi non garantisce il reddito, soprattutto su cereali, ortaggi e latte – dice –. Ma la transizione ecologica è l’unica strada percorribile se vogliamo sopravvivere».
Brescacin, cosa vi dicono i «vostri» agricoltori in questo momento critico?
«Per noi, fin dall’inizio quarant’anni fa, è sempre stato un lavoro parallelo coltivare la terra, producendo biologico e biodinamico, e poi aprire i negozi per avere un rapporto con il consumatore. Abbiamo contatti anche con altre aziende agricole. Non è semplice, ma ci sosteniamo a vicenda».
I contadini sono in rivolta. Quando vede i trattori sfilare nelle città, cosa pensa?
«Che l’agricoltura sta soffrendo molto, più di altre categorie. I prezzi sono sempre più bassi e, di questo passo, i produttori non ce la fanno più. La situazione è esplosa, la rabbia è giusta ma punta su obiettivi sbagliati».
Perché sbagliati?
«Noi siamo pacifisti, meno confusione si fa, meglio è, nonostante sia l’espressione di un malessere che deve emergere. Ma non sono d’accordo che si spari contro la transizione ecologica. Abbiamo bisogno di un’agricoltura sana e senza veleni. Il problema sta in chi ha iniziato il processo di industrializzazione, portandola verso la chimica. Noi crediamo nell’alternativa, l’agroecologia».
Però costa di più.
«Vero, ma nel lungo termine costa di meno a tutti. Bisogna che tutti se ne rendano conto, a partire dai consumatori. Il cibo chimico convenzionale costa meno del bio sullo scaffale, ma non considera i costi occulti che sono sociali, sanitari, di risanamento ambientale, i costi del cambiamento climatico. Chi li calcola? Vorremmo che la terra fosse lavorata senza veleni. Si può fare, c’è il knowhow, occorre aggiungere preparazione, formazione, cultura, e mezzi economici».
Come lo spiega ai colleghi contrari alla transizione?
«L’agricoltura è sia vittima che causa del clima, un terzo delle emissioni nocive viene dal comparto agricolo. La terra va curata, o moriremo insieme a lei. Dobbiamo preoccuparci oggi della sostenibilità, è già tardi».
Di cosa c’è bisogno. Sussidi? Incentivi?
«Non servono soldi. Serve che i consumatori si sveglino e imparino a riconoscere il giusto prezzo di un prodotto buono e sano. La politica deve prendere atto e spingere su questo. L’Europa vuole portare l’agricoltura verso il bio ed è vergognoso che si sia fermata proprio ora. Il pianeta è un essere vivente, proprio come noi. Se mangia veleno, proprio come noi, si ammala. Non credo che lo vogliamo davvero».