Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Che fine hanno fatto le startup? Dopo il 2022 investimenti giù, ora tirano deep tech e lo spazio
Domani l’inserto: radiografia dell’innovazione, Nordest centrale
Ma che fine hanno fatto le startup, dopo la sbornia da innovazione dello scorso decennio? Corriere Imprese Nordest, l’inserto mensile che torna domani all’interno del Corriere della Sera, he cercato una risposta a questo interrogativo, interpellando esperti, operatori della rete di incubatori e acceleratori attivi a Nordest, startupper in attività. Il quadro che ne emerge racconta di un fenomeno che, almeno dal punto di vista numerico, sembra avere toccato il suo picco massimo nel 2022, per poi imboccare un percorso in discesa. Sopratutto alla voce investimenti nelle imprese innovative, il segno meno si fa sentire in misura rilevante: pur superando per il terzo anno consecutivo quota un miliardo di euro, il che trasmette l’idea di un consolidamento acquisito, comunque la raccolta in Italia è calata l’anno scorso per una percentuale vicina al 50%. Per dirla con Gianni Potti, presidente di Fondazione Comunica e fondatore del Digitalmeet, «durante e dopo il Covid non c’è stato alcun incentivo governativo. Nei convegni i politici parlano bene delle startup perché fa moderno ma dopo il 2022 si è bloccato tutto».
Rimangono però alcuni elementi distintivi proprio a Nordest rispetto alla competizione territoriale nell’attrazione degli investimenti. Come sottolinea su Corriere Imprese nel suo intervento di analisi Roberto Pillon, responsabile dell’ufficio Generazione d’impresa dell’Area Science Park di Trieste, a Nordest le gerarchie sembrano essersi rovesciate. Il Trentino Alto Adige si rivela essere il territorio più capace di attrarre investitori verso le sue startup e scaleup (società che hanno già sviluppato il loro prodotto e il relativo modello di business), con 64 milioni di euro e 8 round: erano 4 milioni nel 2022 (+1.500%).
Il Friuli Venezia Giulia ha chiuso l’anno con 37 milioni raccolti in 7 operazioni (+117,6%). Il Veneto, invece, sebbene metta a segno 10 operazioni, raccoglie 15 milioni di euro, in calo del 71,7%. Al netto del fatto incontestabile che il livello di autonomia nettamente maggiore consente al Trentino Alto Adige (soprattutto a Bolzano con NOI Techpark) e al Friuli Venezia Giulia di avere margini di manovra più ampi, i dati suggeriscono che il Veneto debba darsi una strategia per recuperare attrattività. Secondo Emiliano Fabris, direttore del Galileo Visionary District di Padova, la forza che può ancora esprimere il Veneto sta nel suo modello diffuso: «Da noi le startup sono dislocate nelle province di Venezia, Verona, Padova, Vicenza, Treviso. Un modello più res i l i ente di quelli centralizzati, come la Lombardia o l ’ Emi l i a , dove tutto è concentrato ne i pol i di
Milano e Bologna».
Quali sono i settori in cui le nuove idee degli startupper di oggi potrebbero trovare terreno più fertile? Gli esperti non hanno dubbi nell’indicare il deep tech, il comparto aerospaziale (si veda il caso della triestina Picosats, raccontato domani su Corriere
) e gli sviluppi potenzialmente infiniti della sicurezza informatica.
I territori
In un contesto cedente, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia attraggono investitori