Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
SirestringeilVenetodellepartiteIva Inquattroannipersi16milaautonomi
ReportCgia: calod’imprenditorialitàepiùdipendenti, lacrescitapost-Covidavvienealtrove
Se il popolo delle partite Iva, vent’anni fa, era la bandiera del Veneto rampante, oggi non pare più così. Lo segnalano i numeri dei lavoratori autonomi, diffusi ieri dalla Cgia di Mestre, che confermano un fenomeno in atto da tempo e determinato probabilmente da più concause. E che solleva una domanda: i 6.400 «indipendenti» persi in regione (-1,4%) nei primi nove mesi 2023 sullo stesso periodo 2022 – 16.600 unità (-3,5%) se si confronta con il 2019 - sono un segnale di declino o un adattamento alle mutazioni del mercato del lavoro e delle filiere di fornitura?
La partita Iva individuale che non c’è più, per semplificare, era davvero un professionista autonomo o un terzista legato a un unico committente e che, col fabbisogno di manodopera, ha accettato di farsi assumere? E ancora: date la crescente pressione di oneri fiscali e non, è possibile che l’impresa di un sol uomo, per conseguire economie di scala, si sia aggregata a uno o più ex concorrenti, facendo diminuire il numero di aziende attive? Infine: quanto ha inciso lo sgonfiamento di operatori di edilizia e impiantistica sorti dal nulla con i cantieri collegati al Superbonus 110%?
Per il segretario degli artigiani di Mestre, Renato Mason, ciò che conta in prima battuta è comunque la foto dello stato delle cose: «Il crollo del numero di artigiani e piccoli commercianti è ormai visibile a occhio nudo. Tra città e paesi aumentano sempre più botteghe e negozi chiusi definitivamente».
E, a guardare i dati Inps della Cgia, una questione veneta in qualche modo c’è, visto che in molte altre regioni, dalla Lombardia (+2,5%) all’Emilia Romagna (+ 5,6%) al Lazio (+2,2%), nell’ultimo anno le partite Iva individuali sono cresciute. Grazie alle figure senz’albo professionale (dai web designer ai consulenti per gli investimenti, a quelli informatici), anche grazie a smart working e regime forfettario: hanno bilanciato il calo di artigiani, commercianti e agricoltori; non però i Veneto, dove il numero totale cala dell’1,4%. Pur se, va detto, il numero delle partite Iva venete, 462,300, resta il terzo dopo Lombardia (863.200) e Lazio (464.900). Aspetto che la Cgia fatica a spiegare: «Il trend positivo dello stock di lavoratori autonomi in molte altre regioni è avvenuto grazie alla ripresa economica postCovid. Crescita che ovviamente ha interessato anche il Veneto, senza dare una spinta positiva anche al nostro lavoro autonomo».
Limitando l’osservazione agli autonomi «classici», ovvero artigiani, commercianti e agricoltori, da noi in otto anni hanno lasciato i registri delle Camere di commercio 59 mila nomi, il 15% di quelli che c’erano nel 2014, contro una flessione nazionale dell’11,7%. In una scala decrescente nella dinamica ci stanno tutte le province, dal -18,3% di Rovigo (4 mila in termini assoluti) al -12,4% di Treviso (8.600), passando per Vicenza (-17%), Belluno (-16,8%), Verona (-15,6%),
Padova ( - 14%) e Venez ia (-13,5%).
Una lettura del fenomeno giunge da Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Venezia Rovigo. «Dal serbatoio di singoli lavoratori autonomi si è attinto strategicamente per tanti anni in qualità di fornitori monomandatari. Di fatto sono state ‘pseudo-aziende’ dipendenti da un unico cliente e perciò senza autonomia. Questa è una via che sta però diventando sempre meno interessante e la tendenza prevalente delle imprese strutturate ora è di rivolgersi alle agenzie interinali. La dinamica s’incrocia certo anche con la diminuita propensione delle nuove generazioni di italiani ad affrontare i rischi d’avvio di una impresa».
Mario Pozza, presidente di Unioncamere Veneto, s’interroga invece sugli effetti delle liberalizzazioni-Bersani: «Abbiamo visto una polverizzazione di piccoli negozi che aprono, tanto la licenza non serve, e poi salutano. Lasciando debiti a fornitori e allo Stato. Forse quella legge, con la polverizzazione di attività che ne è conseguita, non sempre ha fatto bene in un Paese in cui la qualità è sempre stata considerata un valore centrale».
Zanon Monomandatari sempre più sostituiti con i lavoratori interinali
Pozza L’assenza di licenze ha creato tante piccole attività che spariscono con rapidità