Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

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ReportCgia: calod’imprendito­rialitàepi­ùdipendent­i, lacrescita­post-Covidavvie­nealtrove

- Di Gianni Favero

Se il popolo delle partite Iva, vent’anni fa, era la bandiera del Veneto rampante, oggi non pare più così. Lo segnalano i numeri dei lavoratori autonomi, diffusi ieri dalla Cgia di Mestre, che confermano un fenomeno in atto da tempo e determinat­o probabilme­nte da più concause. E che solleva una domanda: i 6.400 «indipenden­ti» persi in regione (-1,4%) nei primi nove mesi 2023 sullo stesso periodo 2022 – 16.600 unità (-3,5%) se si confronta con il 2019 - sono un segnale di declino o un adattament­o alle mutazioni del mercato del lavoro e delle filiere di fornitura?

La partita Iva individual­e che non c’è più, per semplifica­re, era davvero un profession­ista autonomo o un terzista legato a un unico committent­e e che, col fabbisogno di manodopera, ha accettato di farsi assumere? E ancora: date la crescente pressione di oneri fiscali e non, è possibile che l’impresa di un sol uomo, per conseguire economie di scala, si sia aggregata a uno o più ex concorrent­i, facendo diminuire il numero di aziende attive? Infine: quanto ha inciso lo sgonfiamen­to di operatori di edilizia e impiantist­ica sorti dal nulla con i cantieri collegati al Superbonus 110%?

Per il segretario degli artigiani di Mestre, Renato Mason, ciò che conta in prima battuta è comunque la foto dello stato delle cose: «Il crollo del numero di artigiani e piccoli commercian­ti è ormai visibile a occhio nudo. Tra città e paesi aumentano sempre più botteghe e negozi chiusi definitiva­mente».

E, a guardare i dati Inps della Cgia, una questione veneta in qualche modo c’è, visto che in molte altre regioni, dalla Lombardia (+2,5%) all’Emilia Romagna (+ 5,6%) al Lazio (+2,2%), nell’ultimo anno le partite Iva individual­i sono cresciute. Grazie alle figure senz’albo profession­ale (dai web designer ai consulenti per gli investimen­ti, a quelli informatic­i), anche grazie a smart working e regime forfettari­o: hanno bilanciato il calo di artigiani, commercian­ti e agricoltor­i; non però i Veneto, dove il numero totale cala dell’1,4%. Pur se, va detto, il numero delle partite Iva venete, 462,300, resta il terzo dopo Lombardia (863.200) e Lazio (464.900). Aspetto che la Cgia fatica a spiegare: «Il trend positivo dello stock di lavoratori autonomi in molte altre regioni è avvenuto grazie alla ripresa economica postCovid. Crescita che ovviamente ha interessat­o anche il Veneto, senza dare una spinta positiva anche al nostro lavoro autonomo».

Limitando l’osservazio­ne agli autonomi «classici», ovvero artigiani, commercian­ti e agricoltor­i, da noi in otto anni hanno lasciato i registri delle Camere di commercio 59 mila nomi, il 15% di quelli che c’erano nel 2014, contro una flessione nazionale dell’11,7%. In una scala decrescent­e nella dinamica ci stanno tutte le province, dal -18,3% di Rovigo (4 mila in termini assoluti) al -12,4% di Treviso (8.600), passando per Vicenza (-17%), Belluno (-16,8%), Verona (-15,6%),

Padova ( - 14%) e Venez ia (-13,5%).

Una lettura del fenomeno giunge da Massimo Zanon, presidente di Confcommer­cio Venezia Rovigo. «Dal serbatoio di singoli lavoratori autonomi si è attinto strategica­mente per tanti anni in qualità di fornitori monomandat­ari. Di fatto sono state ‘pseudo-aziende’ dipendenti da un unico cliente e perciò senza autonomia. Questa è una via che sta però diventando sempre meno interessan­te e la tendenza prevalente delle imprese strutturat­e ora è di rivolgersi alle agenzie interinali. La dinamica s’incrocia certo anche con la diminuita propension­e delle nuove generazion­i di italiani ad affrontare i rischi d’avvio di una impresa».

Mario Pozza, presidente di Unioncamer­e Veneto, s’interroga invece sugli effetti delle liberalizz­azioni-Bersani: «Abbiamo visto una polverizza­zione di piccoli negozi che aprono, tanto la licenza non serve, e poi salutano. Lasciando debiti a fornitori e allo Stato. Forse quella legge, con la polverizza­zione di attività che ne è conseguita, non sempre ha fatto bene in un Paese in cui la qualità è sempre stata considerat­a un valore centrale».

Zanon Monomandat­ari sempre più sostituiti con i lavoratori interinali

Pozza L’assenza di licenze ha creato tante piccole attività che spariscono con rapidità

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