Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il campione delle neuroscienze «Indago suimisteri del cervello è un po’ come fare il filosofo»
Il padovanoMaurizio Corbetta tra i ricercatori più citati almondo
Il professor Maurizio Corbetta, direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Padova, ricercatore del Vimm (Veneto Institute of Molecular Medicine) e fondatore del Centro di Ateneo Pnc (Padova Neuroscience Center) dell’Università di Padova, è stato inserito nel Report Clarivate 2023 tra i ricercatori più citati per le pubblicazioni a carattere scientifico. Dopo la specializzazione in Neurologia all’Università di Verona, ha completato la sua formazione alla Washington University di St. Louis, dove ha fatto ricerca fino al 2015 quando è stato chiamato dall’Università di Padova. «Al liceo volevo fare filosofia – confessa – però avevo un’idea di servizio che mi ha portato a fare il medico. Occuparmi di neuroscienze è come fare filosofia, perché il cervello è l’organo che si pone le stesse domande dei filosofi. E fare ricerca è come giocare, perché ogni giorno si creano nuove interazioni, nuove possibilità che fino a quel momento non esistevano».
Riveste un ruolo a metà tra il medico e il ricercatore?
«Fare il medico significa ogni mattina mettersi nei panni delle persone che incontri e cercare di risolvere i loro problemi. Questa prospettiva è fondamentale per farsi domande che hanno senti so e che non si vedono stando chiusi in laboratorio. D’altro canto la ricerca richiede una dedizione e una concentrazione quasi monastica che un medico preso da mille attività raramente riesce a coltivare. Sarebbe bello riuscire a formare più giovani che siano a ponte fra questi due mondi».
Cosa significa essere i più citati?
«Le scoperte vengono comunicate attraverso articoli scientifici che vengono letti da altri ricercatori, usati per le loro ricerche e citati nelle bibliografie. Quasi la metà dei lavori pubblicati non sono mai citati e la media di citazione per articolo è inferiore a dieci. Però molto dipende se il campo di ricerca è popolare o no, cioè se ci lavorano molti ricercatori. Ci sono lavori che, seppur con poche citazioni, hanno avuto
impatti importantissimi».
Un suo articolo vanta 14 mila citazioni. Qual è l’argomento?
«I meccanismi cerebrali legati all’attenzione, ovvero la capacità del cervello umano di filtrare le informazioni provenienti dall’ambiente esterno o motivazioni interne, ignorando quelle potenzialmente distraenti e selezionando solo quelle rilevanti. A partire dagli Anni Novanta è stato possibile visualizzare dal vivo l’attività cerebrale e in quegli anni abbiamo svolto i primi esperimenti sull’attenzione umana».
Come funziona?
«Nel cervello abbiamo due sistemi che interagiscono durante la normale percezione. Il sistema attenzionale dorsale interagisce con le regioni visive e motorie per la selezione degli stimoli e delle risposte secondo i goal che abbiamo, ad esempio trovare la nostra macchina in un parcheggio. Quello ventrale è invece specializzato nella rilevazione di stimoli nuovi e importanti, e reindirizza il focus dell’attenzione, ad esempio una macchina che inaspettatamente si muove e rischia di investirci. Questi sistemi sono molto utili in situazioni naturali e sono mantenudi anche in altre specie di primati».
La sua più grande scoperta?
«Circa vent’anni fa osservammo che a riposo il nostro cervello manteneva sincronizzati gli stessi circuiti che si attivano quando eseguiamo un compito. Un esempio calzante è quando sogniamo, in cui l’attività cerebrale in assenza di qualsiasi stimolo genera impressioni, emozioni, comportamenti, e perfino giudizi morali che sono indistinguibili da quelli che eseguiamo da svegli».
Cosa succede in caso di lesione cerebrale?
«Il cervello è un network di aree sincronizzate fra di loro sia a riposo che quando siamo attivi. Abbiamo scoperto che quando un’area cerebrale è lesa da un ictus o un tumore, questa sincronizzazione si perde e questo causa deficit neurologici. Immaginiamo il cervello come il sistema ferroviario europeo, con tante connessioni quante sono i binari. Se c’è un problema a Parigi o Francoforte, hub del traffico, il traffico non si fermerà solo localmente ma registreremo ritardi anche in città molto lontane, a monte e a valle dalla lesione».
Questa osservazione è alla base di nuovi protocolli per il recupero neurologico?
«In un progetto finanziato dallo European research council (Erc) insieme a colleghi di Milano e Barcellona proveremo a modellizzare al computer questi ritardi causati da ictus per trovare protocolli innovativi di stimolazione non-invasiva per migliorare le funzioni neurologiche affette. Questo è un esempio di come medicina e ricerca si fondono per tentare di risolvere i problemi delle persone».