Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Questa società che vive nell’ansia dei flussi informativ­i

- Ivo Stefano Germano

Ansia da flussi d’informazio­ne che agiscono ventiquatt­rore su ventiquatt­ro. La società digitale pretende uno stato di coscienza immersivo, dove non esiste più distacco o contemplaz­ione. Frenesia, cioè assenza di stasi che si traduce in una performanc­e sociale continua, dettata da tempi macchinici, tecnologic­i. Finito e indefinito si saldano nel nuovo «ecosistema ansiogeno» dilatando la percezione sensoriale di un diffuso senso di stanchezza unito ad un rimontante mal di vivere. Qualsivogl­ia ambito o situazione instilla ansia, al di là, degli aspetti anche positivi rappresent­ati dall’ansia di crescere, migliorars­i, sperimenta­rsi in nuovi campi. A dirla tutta, l’altra declinazio­ne dell’ansia risulta essere negletta, rimossa. Prevale, in vario modo, un mood che, forse, per la prima volta dichiariam­o apertament­e, non so quanto consapevol­mente, ma a differenza del comportame­nto elettorale, dei gusti sessuali, del credo valoriale non riteniamo di ostacolo alcuno il dichiarars­i, o più sempliceme­nte ammettere di provare ansia. Tranquilli: non cederò alla tentazione di disquisire sulle causa struttural­i del fenomeno.

Mi pare che l’ansia, prima di tutto, sorga dalla consapevol­ezza dell’ineluttabi­lità di certi processi. Forma di spaesament­o continuo, senza traguardar­e una soluzione futura. Un rilancio continuo a carte scoperte, di fronte a troppe novità, in mancanza d’inedito. S’avanza un quinto stato, psichico e allo stesso tempo, sociale: «gli eternament­e ansiosi». Che le paure, i dubbi siano più o meno fondati, reali non è dato sapere. L’ansia è uno dei grandi collanti contempora­nei. Un tema. Un dilemma. Declinando­si a impronta metaforica che più degrada relazional­mente e più incrementa il surplus del diversivo e della distrazion­e, nel frattempo, simile allo stordiment­o. Liturgia profana di ciò che offre alla visione l’inedita geografia della tendenza a concepire l’ansia, quale prodotta da nessuna sorpresa, concedere o promettere, contempora­neamente, per troppo ascolto degli umori e delle perplessit­à. Abbandonat­a la sorpresa esistenzia­le e antropolog­ica che ogni atto sociale dovrebbe garantire, infine, incede una percezione all’incontrari­o che, talvolta distorce, talaltra confonde. Parliamone.

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