Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Jasmine? Dura e serena L’esempio resta Sinner»
Il coach trevigiano ha portato Paolini a vincere il 1000 aDubai
«Cerchiamo di prendere spunto da Sinner per mentalità e gioco e guardiamo al prossimo miglioramento: dove ci porterà, sarà un piacere scoprirlo». Dietro Jasmine Paolini, 28 anni e ora numero 14 Wta, c’è il lavoro di Renzo Furlan. Trevigiano da Cimetta di Codogné, classe 1970, l’ex 19 Atp segue la tennista toscana da nove anni. Lei è appena diventata la terza italiana a vincere un titolo 1000, a Dubai, dopo Flavia Pennetta e Camila Giorgi. Lui, salutato il circuito nel 2004, è oggi un coach tra i più apprezzati.
Furlan, quand’è stato avvicinato da Paolini?
«A fine 2015, avevo appena firmato un contratto come dt della Serbia, ci accordammo per un part-time. Era già spaventosa per velocità tecnica ma aveva una sola tipologia di gioco, potente con spostamenti laterali. Si è trattato di farla muovere di più avanti e indietro».
Perché?
«Perché il tennis vicino alla riga per anticipare la palla non sta in piedi, finisci per tirare di controbalzo leggero e ad alto livello ti puniscono. Jasmine aveva bisogno di crearsi lo spazio con cui esprimere la sua potenza. E Sinner gioca come ci piace: sta sempre dietro la palla e colpisce spingendo in avanti con il favore dell’inerzia».
Jannik è un traino?
«È una fonte d’ispirazione per come vince, ambizioso ma incredibilmente umile. In Italia diciamo “è così” mettendo sempre molti giudizi, invece le cose sono così adesso ma con il lavoro migliorano. I tennisti come Sinner non giudicano mai se stessi, semmai si analizzano».
Paolini è 1.63, uno svantaggio nel tennis di oggi?
«Più sei alta più sei potente, vedi Sabalenka, e il tennis odierno va in quella direzione. Però Jasmine ha grande elasticità, esplosività e per non essere alta serve molto bene. Magari non cerca l’ace ma le “prime” con cui giocarsi meglio il punto. Da fondo poi ti manda una palla che pesa veramente tanto».
Dopo Dubai ha detto di aver imparato a pensare punto per
punto. Anche lei, Furlan, era molto forte mentalmente. Il segreto?
«Io, oltre a giocare sempre contro gente più alta di me, partivo dal presupposto di non essere fortissimo tecnicamente, quindi sapevo di dover essere al 100% di testa. Tra le altre cose ho fatto yoga e un percorso con uno psicologo sportivo. Nel tennis non si scappa, in campo sei solo e le zavorre ti tirano a fondo: anche Jasmine ha lavorato per capirsi meglio».
La routine quotidiana?
«Facciamo base in Toscana.
Ogni giorno inizia da una parte di atletica, poi c’è una seduta di due ore. Nel pomeriggio ancora atletica o prevenzione, cioè tutti quegli esercizi mirati a cercare di evitare infortuni a spalla, gomito e schiena. Essendo il tennis uno sport asimmetrico, vedi il servizio, si cerca di rafforzare la parte centrale del corpo».
È vero che ha suggerito a Paolini di insistere anche con il doppio?
«Il doppio ti migliora nel servizio, nella risposta, a rete e nella posizione perché devi imparare a entrare in campo. Con Sara Errani si trovano bene. Puntano a qualificarsi per i Giochi di Parigi».
Quanto conta oggi la racchetta e quale tensione di corde usa Paolini?
«Nei materiali, leggi grafite, non c’è stata una grande evoluzione. Stanno migliorando molto le corde, invece. Jasmine usa una racchetta da 300 grammi per 32.5 di bilanciamento con tensione a 25x24. Questo perché le piace la corda tesa».
Il grande cambiamento rispetto ai suoi tempi?
«Oltre alla crescita della tecnica, la preparazione fisica. Noi facevamo tantissima atletica che ci consumava, oggi invece il lavoro è più mirato e ti stressa meno».
Ho avuto la fortuna di veder lavorare Djokovic, unaminiera di informazioni. Dove potrà arrivare Jasmine? Scoprirlo sarà un piacere
A un tennista contemporaneo quale qualità non può proprio mancare?
«In campo, il servizio. Fuori dal campo, la mentalità imprenditoriale: sei un’azienda e, per sviluppare fatturato, hai bisogno di chi sa aiutarti a tirare fuori il meglio».
Furlan, tre giocatori da studiare da vicino?
«Ho avuto la fortuna di vedere Djokovic da dt della Serbia, lavoravamo al suo circolo, era una miniera di informazioni e un esempio per focus. Oltre a Sinner mi piace guardare Rublev, che ha un dritto particolare e si allena come fosse in partita. Un altro è Tsitsipas per dedizione, servizio e rovescio a una mano, colpo che le nuove generazioni hanno abbandonato».