Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
La zona industriale è diventata una palude
Zona industriale, la grande débâcle dell’urbanizzazione è qui. Basta una roggia e una pioggia fuori dal comune. La Dioma, nel corso di decenni compressa, incanalata, intubata, ha deciso di averne abbastanza. E nei punti più bassi, all’altezza della sede dell’Impresa costruzioni Maltauro, l’acqua è uscita dagli argini investendo le strade, correndo sul cemento sull’asfalto e «bussando» ai capannoni. Gli scantinati di numerosi stabilimenti si sono velocemente riempiti d’acqua. In alcuni casi operai e impiegati delle fabbriche interessate sono stati rimandati a casa dopo avere messo in sicurezza quanto più materiale e macchinari possibili.
A salvare dal peggio un’idrovora della protezione civile dell’Associazione nazionale alpini al lavoro da martedì sera. Per il resto, la palla è già passata in mano ai broker assicurativi. Le parole del sindaco Giacomo Possamai risuonano
nella sala del Comitato operativo comunale come un monito. «Se la Dioma avesse superato gli argini in tutto il suo percorso – spiega – ora ci troveremmo con la totalità dell’area produttiva del capoluogo allagata». Un’area enorme, dai confini con Altavilla Vicentina fino all’Arsenale: poco più di 9 milioni di metri quadrati di superficie coperta e 9 milioni e 641 mila metri cubi di volumetrie.Ventiquattro ore fa le immagini catturate dagli elicotteri hanno lasciato poco spazio all’immaginazione. Viste dal basso, con l’acqua fino ai polpacci, quelle stesse strade si sono trasformate in paludi sull’asfalto. Intorno alle 13, ipotizzando un ampliamento delle strade inagibili, l’amministrazione ha avvisato di spostare i veicoli da strade e piazzali non rialzati in prossimità della roggia. Le criticità sono state più o meno le stesse: in via dell’Edilizia e via dell’Industria, certo, ma anche un segmento da viale degli Scaligeri a via del Progresso, e in via della Meccanica, dell’Elettronica, dell’Economia, della Tecnica. L’uscita dell’acqua dalla roggia ha provocato un sovraccarico della rete idrica e fuoriuscite dai tombini. «È evidente – la riflessione di Possamai – che si tratta di una rete costruita in anni lontani e che mostra, in un’epoca di fenomeni atmosferici diversi, tutti i suoi limiti». Per ogni altra valutazione «aspettiamo la completa normalizzazione dello stato delle cose». Insomma, l’urbanizzazione è stata troppa, troppo spinta e non è andata di pari passo né con la natura del terreno, né nel rispetto di rogge e fiumi, né con i sottoservizi. Sullo sfondo un’area industriale nata negli anni Sessanta con l’allora sindaco Giorgio Sala su terreni dolinali riempiti alla bell’e meglio prima delle costruzioni, caratterizzata da venti da sud-ovest che spingono i fumi verso la città e con il Retrone che va nella medesima direzione.