Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
InsultiaSalvini, scoppiailcasoDaRe nuovofronteagitalaLegainVeneto
L’europarlamentareinveiscecontroil leader. Stefani reagisce, sivaversol’azionedisciplinare
Ieri mattina, leggendo Repubblica, sono balzati sulla sedia anche i leghisti di lungo corso, rotti a qualunque ruvidità politica. «Un sondaggio interno dà la Lega al 5,5%. Il giorno dopo Salvini si deve dimettere. - attacca Gian Antonio Da Re, già segretario nathional del Carroccio prima dell’era dei commissariamenti e prima del congresso che ha visto trionfare il salviniano Alberto Stefani - O il cretino se ne va con le buone, o andiamo tutti a Milano in via Bellerio e lo cacciamo con le cattive». Parole come macigni, quel «cretino» è rimbalzato di chat in chat e, a sera, appariva inevitabile un provvedimento disciplinare per direttissima da via Bellerio visto che Da Re, come europarlamentare, è un «istituzionale».
Ieri Toni Da Re aveva aggiunto: «Ormai la pensiamo tutti così, a partire dagli 80 parlamentari che aspettano solo i numeri del voto per muoversi. Anticipare il congresso in primavera a questo punto non serve: Salvini ci ha disintegrati e deve assumersene la responsabilità». Nelle stesse ore, proprio a Bruxelles, Marco Zanni, capogruppo leghista con Id, annunciava che non si ricandiderà alle Europee. La risposta a Da Re di Stefani arrivava a stretto giro: «Nel momento in cui finalmente, dopo 30 anni di battaglia politica, l’Autonomia richiesta dai Veneti con un referendum sta per essere approvata in Parlamento, bisogna lavorare e non fare polemica. Mi riferisco soprattutto a chi fa polemiche da anni e ha da poco perso tutti i congressi in Veneto, da ultimo quello Nazionale, e non di poco».
Da Re ipotizza, dandolo per più che probabile, uno scenario con Luca Zaia sindaco di Venezia e Mario Conte governatore. Se sull’imperscrutabile Zaia non c’è certezza, il sindaco di Treviso pare fosse irritato dalla lettura dei quotidiani. Al netto del caso del giorno, però, ci sono ragionamenti politici che non si possono ignorare. Dichiarazioni al vetriolo come quelle di Da Re, anche solo poco tempo fa, sarebbero state inconcepibili ma trovano specchio negli applausi di pochi giorni fa all’assemblea dei militanti di Treviso che ha segnato la rottura degli argini per i lighisti.
«La volgarità dell’offesa non deve trovare albergo mai - premette Roberto Marcato - e in più ne fai una questione personale. Se domattina Salvini rinsavisce, torna ai territori, lascia perdere i Vannacci, porta a casa l’Autonomia, a me va bene. Ciò che stiamo dicendo qui in Veneto, ma il piano è politico, è che come segretario non funziona più. Chiamarlo “cretino” non è, però, opportuno. Una posizione critica su Salvini io ce l’ho da tempo, lo dico dai risultati drammatici di Padova e Verona, il segnale dal territorio era arrivato, ma non s’è fatto nulla, poi è arrivata la tranvata alle Politiche e ora in Sardegna. Non cambia nulla . Ma sottolineo che se di colpa si tratta per questi risultati che parlano da soli, il responsabile non è solo Salvini la dirigenza di questo partito è fatta di uomini e donne che ne condividono strategie e parole d’ordine». Il clima è incandescente. I colonnelli veneti continuano a sfogliare i giornali e sobbalzano una seconda volta, le cronache della visita di Salvini a Denis Verdini in carcere fanno alzare più di qualche sopracciglio: « Altro che 5,5%, così finiamo azzerati».
Salvini, bersaglio della rabbia lighista, non commenta. Da Desenzano, in sopralluogo ai cantieri della Tav veneta, risponde all’ennesima domanda sul terzo mandato e ribadisce che i governatori forti non si cambiano. Il ricompattamento istantaneo dopo la batosta sarda sugli uscenti, inclusa Donatella Tesei in Umbria,
sembra puntare, ancora, nella direzione del terzo mandato. Su suolo serenissimo, Zaia non molla sul punto e in molti si aspettano un anno e mezzo di cannoneggiamento continuo. C’è anche chi la legge come una mossa saggia per tranquillizzare le truppe in consiglio regionale che, in un’escalation di preoccupazione, sono arrivate a spaccarsi a metà sul fine vita. Il tema, piaccia o non piaccia, tiene banco. Il capo dell’intergruppo Lega Alberto Villanova risponde piccato a Maurizio Gasparri: «Grazie per i consigli, ma in Veneto abbiamo l’antica consuetudine di fare da noi e non abbiamo grande simpatia con chi vorrebbe imporci dal centro la propria visione del mondo. Il nome del candidato per la Regione, in Veneto, lo sceglie la Lega». Pronta la contraerea di Flavio Tosi: «Ricordo all’amico Villanova che per alcuni temi la competenza era, è e rimarrà dello Stato; uno di questi è la scelta sul numero dei mandati». Basta? No, perché a incendiare gli animi c’è l’estenuante trattativa per le amministrative. Con una novità gustosa: Azione in avvicinamento alla Lega. Succede a Noale, per dirne una, con Stefano Sorino. Per il resto è ancora tutti contro tutti.
Il segretario regionale Bisogna lavorare e non fare polemica, mi riferisco a chi parla e ha perso tutti i congressi