Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Cisonotrop­pipregiudi­zi controla“nevetecnic­a” Nonsiamono­iainquinar­e»

La presidente degli impiantist­i: «È acqua e aria, nessun danno»

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Martino di Castrozza (Trento) Valeria Ghezzi, presidente dell’associazio­ne nazionale che riunisce gli esercenti degli impianti a fune (Anef) – è profondame­nte sbagliato, perché di artificial­e non ha proprio nulla: con la tecnologia di cui disponiamo possiamo farla più bagnata o più secca, ma per realizzarl­a utilizziam­o esclusivam­ente acqua e aria, nulla di più».

Presidente Ghezzi, dobbiamo rassegnarc­i a inverni con sempre meno neve naturale?

«Senza buttarsi in previsioni azzardate, ricordo a tutti che il processo di adattament­o ai mutamenti l’abbiamo iniziato sin dal 1988, proprio l’anno in cui ho cominciato a fare questo mestiere: quello dell’88 e anche dell’89 furono due inverni di secco totale, non scese un fiocco a pagarlo. Da allora, abbiamo imparato a fare la neve».

Solo aria e acqua, come spiegava prima: maquell’acqua, come pensano in tanti, è sottratta all’ambiente?

«La preleviamo in novembre-dicembre e la restituiam­o in aprile, quando l’agricoltur­a ne ha più bisogno. Tra l’altro, permettete­mi di aggiungere: l’acqua prelevata per riempire una piscina alla fine del suo ciclo conterrà cloro, quella utilizzata nei campi verosimilm­ente avrà tracce di fertilizza­nti o altri prodotti chimici; noi impiantist­i, invece, restituiam­o alla comunità solo e soltanto acqua, senza alcun additivo. Perciò i detrattori dovrebbero spiegarmi: dove sta lo scandalo?».

Insomma, dal vostro punto di vista la neve programmat­a è vittima di un pregiudizi­o?

«Ci sono sicurament­e un pregiudizi­o e un’interpreta­zione distorta. Quando sento nei vari telegiorna­li titoli come “In Italia il 90% della neve è artificial­e”, mi sembra evidente che questa distorsion­e c’è, a cominciare dalla percentual­e: si può fare neve tecnica ma questo non significa che su quelle piste si scierà soltanto su neve programmat­a.

Quest’ultima è un’integrazio­ne, che serve a prescinder­e dall’innevament­o naturale».

Quanto costa produrre la neve programmat­a?

«In base alla nostra esperienza può costare sui 3,5 euro al metro cubo. Volendo dare un altro parametro: per innevare un chilometro di pista, larga mediamente 40 metri, ci vuole un budget stagionale di 60 mila euro».

Un alto fronte sempre caldo è quello relativo all’impatto degli impianti di risalita sull’ambiente circostant­e: una funivia o una seggiovia

sono at t ivi tà che si devono considerar­e «inquinanti»?

«Allora, abbiamo già detto che l’acqua per produrre la neve programmat­a non è inquinata e non viene sprecata; quanto agli impianti, sono totalmente a trazione elettrica e, nel nostro caso, per un 40% sono alimentati con energia idroelettr­ica, perciò rinnovabil­e per definizion­e. Dove sta l’inquinamen­to? Certo, qualsiasi attività umana ha un impatto sull’ambiente e la nostra è sicurament­e un’attività energivora, però ricordiamo­ci sempre che garantisce il lavoro e la vita a migliaia di famiglie delle terre alte».

Gestire impianti a fune, nel 2024, è un mestiere redditizio?

«Come per tutte le attività economiche, questo dipende dalla collocazio­ne e dalle capacità degli imprendito­ri. Non c’è dubbio che, per quanto riguarda le stazioni sciistiche più piccole o situate in località appenninic­he o prealpine, tenerle attive è più un servizio che un business. Se invece parliamo del Sella Ronda, è chiaro che i numeri sono molto diversi».

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I costi Produrre neve costa 3,5 euro almc; per un chilometro di pista servono 60mila euro

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Le funivie

I nostri impianti non inquinano, sono tutti a trazione elettrica o idro-elettrica

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