Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«I triumvirati in politica non funzionano. Salvini? È presto darlo per sconfitto»
Il politologo Feltrin: finoramai un veneto con una strategia nazionale
«Prima di dare per morto Matteo Salvini… ci sono di mezzo le elezioni europee. Lui è uno che gioca a tutto campo e si prende i rischi del caso: se l’onda anti-europeista dovesse rialzarsi, ecco che la stella di Salvini potrebbe ritornare a brillare; viceversa, declinerebbe definitivamente o quasi. Non a caso, alla data di oggi, tutti i colonnelli leghisti negano in ogni modo di voler lavorare a
un ricambio della leadership: il redde rationem sarà il 9 giugno».
Questo è chiaro: secondo Paolo Feltrin, politologo trevigiano dell’Università di Trieste che analizza da decenni i sommovimenti elettorali, non possono bastare i brutti voti presi in Sardegna e poi in Abruzzo per mettere con le spalle al muro un lottatore come il Capitano. Certo, il mugugno interno sale, dal Veneto e non soltanto, alimentandosi dei magri risultati nelle urne e anche dell’accusa, mai del tutto sopita, di alto tradimento dell’ideale originario, quello fieramente nordista perseguito dai padri fondatori.
Però… «Però non bisogna prendersi in giro – avverte Feltrin -. Il malcontento indubbiamente è palpabile ma bisogna riconoscere un dato di fatto: Salvini ha capito che, in questo Paese, o sei un partito nazionale o non sei, punto. E per riuscire nell’operazione di trasformare la Lega in una forza di portata nazionale, si è reso conto che l’unica opzione che aveva era di andare a destra. Giusta o sbagliata che possa apparire, questa è la realtà dei fatti. Salvini, che a suo tempo, per chi se lo fosse già dimenticato, ha letteralmente salvato la Lega Nord dall’estinzione prendendola al 2% e portandola al 34%, aveva una precisa strategia».
Quelli che oggi lo contestano dietro le quinte, non ce l’hanno?
«Io devo ancora vedere uno straccio di strategia nazionale da parte dei sostenitori di un ritorno alla Liga Veneta delle origini. Giusto per capirsi: alle elezioni europee bisogna prendere almeno il 4% per continuare a esistere e bisogna prenderlo su base nazionale, quindi, anche stando ai sondaggi peggiori, Salvini sta abbondantemente sopra la soglia. Inoltre, la regola vuole che dentro i partiti vinca chi prende più voti ai congressi: nella Lega fino a oggi non ho mai visto un veneto che sia stato capace di uscire dal Veneto e imporre la propria leadership anche agli altri. I lombardi, invece, hanno saputo farlo, sarà che numericamente sono il doppio…».
I diretti interessati pubblicamente smentiscono ma si parla con insistenza di una triade Giorgetti-Zaia-Fedriga in alternativa al capo in difficoltà: potrebbe funzionare?
« In politica, così come nelle aziende o in tutte le organizzazioni strutturate, i triumvirati non funzionano, alla fine ci vuole qualcuno che prenda i voti ed esprima una leadership. Per stare sull’attualità, guardate alla partita per la presidenza di Confindustria: può essere che corrano in tre ma soltanto uno vincerà. Se poi, per tornare alla Lega, dietro l’ipotetico triumvirato ci fosse l’esigenza di lanciare il sasso nel lo s tagno, per far emergere successivamente il vero leader, allora può essere una tattica».
Si è detto sopra che Salvini, per dare alla Lega un profilo nazionale, ha spostato il baricentro a destra: ma ormai non è stato a sua volta superato ancora più a destra da Giorgia Meloni e i suoi Fratelli?
«Attenzione, abbiamo imparato che, in questo XXI secolo, la volatilità elettorale si è moltiplicata per diecimila rispetto al passato, tutti ci sono passati e l’hanno sperimentato sulla propria pelle, da Matteo Renzi a Salvini fino al Movimento 5 Stelle. I problemi non nascono mentre procede tutto bene bensì quando si incappa in qualche inciampo e Salvini, obiettivamente, è inciampato due volte: quando ha pensato di far cadere il primo governo Conte e, più tardi, quando ha condiviso il sostegno all’esecutivo Draghi. Meloni si è avvantaggiata di una forte rendita di opposizione e finora non ha subìto cadute. Ma ne riparliamo al primo inciampo».
Il triumvirato
Se fosse un sasso nello stagno per far emergere poi il vero leader, allora può essere una tattica
La destra Salvini ha spostato la Lega a destra? Era una strategia per darle una prospettiva nazionale