Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Dall’Inter e Zemanlandia ai bussolai inMongolia Lamia vita è tra i biscotti e cerco perle in serie C»
L’ex centrocampista di Burano e la storica tradizione dolciaria locale. «Ma per passione vedo tanto calcio»
Ieri centrocampista e dirigente, oggi l’azienda di biscotti e l’hobby dell’osservatore girando il Veneto. Classe ’66, di Burano, Andrea Seno debuttava quarant’anni fa tra i professionisti con il Padova di Gianni Di Marzio. Da lì il Venezia (di cui ha diretto a lungo l’area tecnica), il Treviso (di cui è stato ds) e il Como. Fino alla serie A con Foggia, Bologna e Inter, dove segnò un gol al Milan, in un derby vinto 3-1 dai nerazzurri, ancora impresso nella mente degli appassionati.
Seno, la sua prima volta nel calcio professionistico fu un Campobasso-Padova del 1984 in B. Ricordi?
«Era novembre, un freddo incredibile, credo che Campobasso sia una delle città più ventose di sempre».
Com’è il calcio, quarant’anni dopo?
«Un altro mondo per velocità di base, di pensiero e gesto tecnico. Ai miei tempi il primo che abbinò la rapidità a una tecnica straordinaria fu Bruno Conti».
Come fu vivere la rivoluzione del Foggia di Zeman?
«Arrivai a rivoluzione già fatta, nel ’92, vivendo l’impresa di confermare quel grande Foggia sostituendo i big con ragazzi dalla serie C. Erano andati via Signori, Rambaudi, Shalimov e alla prima a San Siro con il Milan c’erano otto esordienti. Zeman dimostrò che le motivazioni possono fare miracoli».
Oggi imbottire una squadra di A con ragazzi dalla C suona impensabile.
«All’epoca ci volle coraggio. Zeman a Foggia era dio in terra ma quando perdemmo le prime quattro l’ambiente non era tranquillo. Oggi nei campionati di C ne vedo di ragazzi che tra i grandi non sfigurerebbero... Al Picerno ricordo Kouda, ora in B allo Spezia. Al Fossano invece Boloca, ora in
A col Sassuolo».
Seno, nella sua vita il calcio non ha lasciato il posto a buranelli e bussolai?
«Sì, la Biscotteria Veneziana mi dà grandi soddisfazioni. Ho due figli che hanno sposato il progetto. Parafrasando Zamparini, con la mia esperienza e l’entusiasmo dei giovani possiamo andare dappertutto».
Conduzione familiare, la mitica Carmelina che aprì nel 1950 è sua suocera e adesso insieme ai figli c’è anche sua moglie, giusto?
«È così. Produciamo a Jesolo, dove abito, ma è rimasto lo storico punto vendita a Burano. Siamo brandizzati su Venezia, cerchiamo di affrontare il mercato medio-alto, le catene alberghiere. Qualcosa vendiamo anche all’estero».
Il posto più lontano dove avete portato i bussolai?
«In Mongolia. Ma abbiamo avuto ordini anche da Cina e Stati Uniti. All’estero, al netto dell’Europa, vanno più verso panettone o farciti».
Da osservatore nel calcio invece quali sono le sue destinazioni
preferite?
«Resto in Veneto, collaboro senza legarmi a nessuno, guardo partite a tempo perso dalla B alla D».
Che calcio si gioca?
«Ci sono buonissimi allenatori, tipo Possanzini del Mantova in C. Gente di cui percepisci la mano, come succedeva con Zanetti e Dionisi al Venezia».
E Massimo Donati, sesto in C con il Legnago?
«Sì, anche se la qualità della rosa del Legnago non è eccelsa, la mano di Possanzini a
Mantova la vedi di più».
Citava prima il Venezia, terzo in serie B: cosa le pare?
«Squadra fortissima, allenatore che tiene tutti concentrati e un ds che mette insieme i conti con la qualità. Il Parma mi sembra già fuggito ma la Cremonese è a tiro. Il Penzo è sempre pieno, anche domenica scorsa nonostante la giornataccia c’era una bellissima atmosfera».
Torniamo alla C: Padova e Vicenza?
«Il Padova è costruito per vincere ma a Mantova fare calcio è più facile perché hai meno pressione. Il Vicenza con Vecchi ha trovato un viatico positivo, la piazza vive di calcio, con tutti i pro e contro del caso. Non dimentichiamo poi l’Arzignano, capace di affidarsi a gente di categoria e qualche giovane, un’impostazione ormai collaudata».
AFoggia Zeman fece un miracolo, lui era un dio in terra a quei tempi Dimostrò che con coraggio e determinazione si può davvero tutto
Ogni tanto va a vedere anche il Cittadella?
«Certo, si sta ringiovanendo, con giocatori quasi tutti dalla serie C, sono convinto che in primavera tornerà a correre. De Franceschi è un capo-osservatori che bazzica molto i campi».
Nel Padova in cui esordiva lei c’era anche Marco Baroni, oggi al timone dell’unica veneta in A, il Verona: di lui che cosa pensa?
Rispetto ai miei tempi ora il calcio è un altro mondo per velocità di pensiero e anche esecuzione Il primo ad abbinare rapidità e tecnica fu Bruno Conti
«Che sta facendo un miracolo e nessuno lo dice. Gli hanno venduto i migliori ma l’Hellas è sempre organizzato. Anche a Lecce, dove c’era in ballo tantissimo, hanno vinto senza scomporsi».
Tra i calciatori veneti in serie A spicca Fabbian del Bologna, le piace?
«Me lo ricordo ragazzino al Padova, un grande incursore e realizzatore. Se migliora nella gestione e nei tempi, giocando di più insieme alla squadra, può diventare uno importante».