Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Emergenza affitti 457mila immobili vuoti
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VENEZIA Poche case in affitto e una domanda in costante crescita. E trovare dove vivere è diventata una roulette russa, per tutti. Specie, per i lavoratori stranieri. E così ci sono uomini e donne costretti a dormire in auto o in luoghi di fortuna, con figli piccoli. Come Asma e Nader, la famiglia tunisina che l’immunologa Antonella Viola e suo marito hanno ospitato e per cui, alla fine, hanno acquistato un’abitazione. È stata la stessa Viola a raccontare la storia di questa giovane coppia — lui operaio edile, lei all’epoca casalinga — e a denunciare come i proprietari nell’apprendere che gli inquilini sarebbero stati immigrati facevano dietrofront. Un dramma, quello di Asma e Nader, con un lieto fine. Ma che riporta sotto i riflettori il problema dell’emergenza abitativa in Veneto, tra appartamenti sfitti, centinaia di famiglie che non sanno più a chi rivolgersi e che, senza familiari o amici che possano accoglierli, finiscono per strada, senza un tetto. Storie al limite, magari figlie — come osserva Viola— di pregiudizi e razzismo verso lo straniero. Ma che vanno anche inquadrate nel contesto attuale, con una domanda di locazioni in crescita a fronte di un’offerta sempre più risicata. Di pari passo, le compravendite in Veneto diminuiscono (meno 11,9% nei primi nove mesi del 2023) per effetto di crisi e difficoltà di accedere a mutui e aumentano gli sfratti (oltre seimila in regione). In questo contesto, i canoni continuano a salire: tra il primo e il secondo semestre del 2023 più 5,3% per un trilocale, più 5% per mono e bilocale. Mentre i proprietari hanno una platea sempre vasta di papabili locatari tra cui scegliere. «Poco importa che uno sia alto o basso, biondo o moro: da tre anni trovare in affitto è un’impresa— spiega Giuliano Dal Magro, vicepresidente Fiaip (Federazione agenti immobiliari) Veneto — quello che vogliono i proprietari è un inquilino solvibile e che la casa sia tenuta bene».
Ma il tema è che di appartamenti sul mercato ce ne sono pochi. Non però perché mancano palazzine. Da un lato, c’è il boom delle locazioni turistiche — «portano un guadagno maggiore», dice Fabio Nordio, presidente Ater Venezia e componente della giunta esecutiva nazionale di Federcasa— dall’altro, gli alloggi lasciati vuoti, dai privati e anche dal pubblico. «Abbiamo 457 mila case teoricamente sfitte— spiega Emilio Viafora, segretario regionale Sunia, il sindacato degli inquilini —. La situazione è drammatica: non c’è più mercato privato, cui si aggiunge la scarsa presenza dell’Erp (edilizia residenziale pubblica, ndr) al 4% in Italia contro il 30 di Francia e Germania e le graduatorie per le assegnazioni non scorrono. Poi scontiamo il fatto che non sono stati regolamentati gli affitti brevi». Solo nel Comune di Venezia le case pubbliche vuote sono più di duemila, un migliaio nel Veronese. E con i privati si arriva a 25.806 in laguna (a fronte di 149.675 alloggi), 20.250 (su 118.146 complessivi) nel capoluogo scaligero: tra il 15 e il 17% del totale. La fondazione Openpolis, che ha rielaborato i dati Istat delle case vuote, fa notare: «Allargandosi alle province i numeri sono molto più elevati». Nel Bellunese, ad esempio, si arriva al 49,46% di sfitto. E infatti delle 457 mila case vuote, poco meno di 100 mila sono nei Comuni capoluogo. Alcune sono vetuste e avrebbero bisogno di investimenti importanti, altre sono seconde case, altre ancora vengono locate a spot e infine c’è una quota di sottobosco di nero, affitti cioè non regolari.
«Il problema della casa tocca tutti quelli che non possono permettersi di acquistare — aggiunge Viafora —, i precari e le partite Iva che hanno poche garanzie, gli stranieri che vengono spesso stipati in otto-dieci in abitazioni dove dovrebbe abitare una famiglia e anche chi dal Sud viene per supplenze nelle scuole o vince concorsi nel pubblico e non trovando un abitazione alla fine rinuncia o accetta di vivere come gli universitari, in appartamenti condivisi». Per il Sunia, è colpa «dell’insipienza delle istituzioni, insensibili al problema». E se il sindacato invoca un nuovo Piano casa, come quello messo in campo nel Dopoguerra (19491963) dall’allora ministro del Lavoro Amintore Fanfani (relatore in Parlamento il vicentino Mariano Rumor) con alloggi pubblici a facilitare «l’occupazione operaia». Per Fiaib, andrebbe trovato un equilibrio: «Ok a regolare le locazioni turistiche, ma insieme si diano garanzie ai proprietari, di poter rientrare in possesso della casa— dice Dal Magro— serve un lavoro di squadra tra pubblico e privato».
Ed è quello che sta cercando di fare Confindustria Veneto Est con la Regione. Obiettivo trovare alloggi per i lavoratori immigrati: «Il lavoro c’è, non le abitazioni», dice il direttore generale Gianmarco Russo. Palazzo Balbi e industriali stanno individuando immobili pubblici da restaurare: Confindustria li sistemerà per i dipendenti stranieri. Tra i soggetti coinvolti anche la comunità di Sant’Egidio. Un progetto virtuoso che non risolve il problema delle case pubbliche vuote. «La Regione sta affrontando due ordini di problemi: la crescente domanda di pubblico dovuta alle conseguenze economiche del Covid-19 e il forte caro prezzi che ha reso più costoso il restauro dello sfitto — spiega l’assessore Cristiano Corazzari (Edilizia pubblica) —. Fra molte difficoltà sono stati avviati i cantieri dei 100 milioni del Fondo complementare al Pnrr e già quest’anno i primi appartamenti saranno disponibili. Si riqualificheranno circa duemila appartamenti. E sta per partire la nuova programmazione, con ulteriori 17 milioni per i restauri». Intanto a Roma, informa Nordio, si lavora ad un nuovo Piano casa: «Dovrà dare risposta a quella zona grigia, ossia quella che era la classe media, che non riesce più a far fronte al costo della casa».