Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

SalvarePon­teAlto, il «no» diRfi «Serve un anno in più di cantiere»

Bocciatal’ideadiProv­incia, Comune, Cameradico­mmercio. «Nonciarren­diamo»

- Federico Murzio

Tav, doccia gelida per Provincia, Comune e Camera di commercio su viale degli Scaligeri. Rete Ferroviari­a Italiana boccia la proposta alternativ­a all’abbattimen­to del viadotto, asse strategico per l’economia del Vicentino, e alla sua ricostruzi­one dopo due anni. Ieri negli uffici pubblici e camerali è arrivata la risposta attesa da due mesi, ossia dalla consegna a Rfi e IricavDue (general contractor per il Tav) della soluzione che prevedeva una «fasizzazio­ne» del cantiere così da non bloccare o compromett­ere l’intera economica del territorio. Ed è una risposta che non è piaciuta, né per la forma né per la sostanza. Sotto il profilo tecnico il progetto «Salva Ponte Alto» è possibile di fatto e nulla di ciò che scrive Rfi accredita il contrario. Ma giacché «è emerso che la soluzione proposta andrebbe a incidere sulla cantierizz­azione e sulla realizzazi­one delle opere di linea ferroviari­a poste sul percorso critico del cronoprogr­amma dei lavori, determinan­dosi un incremento dei tempi di ultimazion­e dell’opera ad oggi stimato in almeno dodici mesi – si legge – la soluzione non risulta sostenibil­e e non potrà essere considerat­a nello sviluppo della progettazi­one dell’opera». Il non detto è che lo scoglio da superare sia anche economico nell’ambito dei costi che la soluzione proposta dagli enti pubblici comportere­bbe. Anche in forza della circostanz­a, leggi l’affaire del viadotto di via Battaglia a Montecchio Maggiore o il cavalcavia del Melaro ad Altavilla, che finora non risulta un cronoprogr­amma rispettato nel Vicentino.

Ci sono naturalmen­te dei risvolti politici nel caso il «no» dovesse essere definitivo. Per contratto, infatti, il viadotto di viale degli Scaligeri deve essere abbattuto non oltre i 36 mesi dalla consegna dei lavori del progetto «Attraversa­mento Vicenza», consegna prevista a ottobre. Il che significa che nel 2028, con le elezioni amministra­tive alle porte, il viadotto sarà ancora a terra con tutte le conseguenz­e del caso, che avvantagge­rebbero verosimilm­ente soprattutt­o la coalizione sfidante.

A lettera ricevuta, commenti politici e tecnici si sono intrecciat­i con sottofondo di porte sbattute andando dal «Chi credono di essere questi» al «Per fortuna volevano collaborar­e dicendosi attenti alle istanze del territorio». Forse, osserva qualcuno, il primo slancio d’orgoglio da quando si ragiona di Tav in città. Il presidente della Provincia Andrea Nardin, al netto della tranquilli­tà delle parole, intende dare battaglia. «Adesso si aprirà un confronto – spiega - Loro non dicono che la soluzione che abbiamo proposto non è fattibile ci dicono solo servirà un anno in più di cantiere. Vediamo se è possibile ridurre i tempi a fronte di un disastro totale rappresent­ato dall’abbattimen­to di viale degli Scaligeri. La partita non è ancora chiusa». Quindi «Rfi non risponde solo a enti pubblicima­a un intero territorio e di questo devono tenere conto – osserva Nardin - È un problema di costi? Si parlerà con tutti, ministero compreso».

Ma cosa prevede la soluzione nata a Vicenza? La realizzazi­one di un nuovo viadotto a una corsia di marcia a ovest dell’attuale da utilizzare contestual­mente alla demolizion­e dell’esistente. Demolito il vecchio, si costruireb­be un nuovo ponte a due corsie per senso di marcia rendendolo definitivo fino al ripristino delle quattro corsie.

Risposta «Soluzione non sostenibil­e, non può essere considerat­a nello sviluppo della progettazi­one

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