Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
SalvarePonteAlto, il «no» diRfi «Serve un anno in più di cantiere»
Bocciatal’ideadiProvincia, Comune, Cameradicommercio. «Nonciarrendiamo»
Tav, doccia gelida per Provincia, Comune e Camera di commercio su viale degli Scaligeri. Rete Ferroviaria Italiana boccia la proposta alternativa all’abbattimento del viadotto, asse strategico per l’economia del Vicentino, e alla sua ricostruzione dopo due anni. Ieri negli uffici pubblici e camerali è arrivata la risposta attesa da due mesi, ossia dalla consegna a Rfi e IricavDue (general contractor per il Tav) della soluzione che prevedeva una «fasizzazione» del cantiere così da non bloccare o compromettere l’intera economica del territorio. Ed è una risposta che non è piaciuta, né per la forma né per la sostanza. Sotto il profilo tecnico il progetto «Salva Ponte Alto» è possibile di fatto e nulla di ciò che scrive Rfi accredita il contrario. Ma giacché «è emerso che la soluzione proposta andrebbe a incidere sulla cantierizzazione e sulla realizzazione delle opere di linea ferroviaria poste sul percorso critico del cronoprogramma dei lavori, determinandosi un incremento dei tempi di ultimazione dell’opera ad oggi stimato in almeno dodici mesi – si legge – la soluzione non risulta sostenibile e non potrà essere considerata nello sviluppo della progettazione dell’opera». Il non detto è che lo scoglio da superare sia anche economico nell’ambito dei costi che la soluzione proposta dagli enti pubblici comporterebbe. Anche in forza della circostanza, leggi l’affaire del viadotto di via Battaglia a Montecchio Maggiore o il cavalcavia del Melaro ad Altavilla, che finora non risulta un cronoprogramma rispettato nel Vicentino.
Ci sono naturalmente dei risvolti politici nel caso il «no» dovesse essere definitivo. Per contratto, infatti, il viadotto di viale degli Scaligeri deve essere abbattuto non oltre i 36 mesi dalla consegna dei lavori del progetto «Attraversamento Vicenza», consegna prevista a ottobre. Il che significa che nel 2028, con le elezioni amministrative alle porte, il viadotto sarà ancora a terra con tutte le conseguenze del caso, che avvantaggerebbero verosimilmente soprattutto la coalizione sfidante.
A lettera ricevuta, commenti politici e tecnici si sono intrecciati con sottofondo di porte sbattute andando dal «Chi credono di essere questi» al «Per fortuna volevano collaborare dicendosi attenti alle istanze del territorio». Forse, osserva qualcuno, il primo slancio d’orgoglio da quando si ragiona di Tav in città. Il presidente della Provincia Andrea Nardin, al netto della tranquillità delle parole, intende dare battaglia. «Adesso si aprirà un confronto – spiega - Loro non dicono che la soluzione che abbiamo proposto non è fattibile ci dicono solo servirà un anno in più di cantiere. Vediamo se è possibile ridurre i tempi a fronte di un disastro totale rappresentato dall’abbattimento di viale degli Scaligeri. La partita non è ancora chiusa». Quindi «Rfi non risponde solo a enti pubblicimaa un intero territorio e di questo devono tenere conto – osserva Nardin - È un problema di costi? Si parlerà con tutti, ministero compreso».
Ma cosa prevede la soluzione nata a Vicenza? La realizzazione di un nuovo viadotto a una corsia di marcia a ovest dell’attuale da utilizzare contestualmente alla demolizione dell’esistente. Demolito il vecchio, si costruirebbe un nuovo ponte a due corsie per senso di marcia rendendolo definitivo fino al ripristino delle quattro corsie.
Risposta «Soluzione non sostenibile, non può essere considerata nello sviluppo della progettazione