Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Miglioranza pianificò il rogo va condannato all’ergastolo»
Treviso, la requisitoria della pm. Nell’incendiomorirono lamoglie e un’amica
È rimasto impassibile, seduto vicino al suo difensore (l’avvocato Rossella Martin), le braccia incrociate lo sguardo fisso nel vuoto. E non ha avuto neppure un sussulto quando ieri il pubblico ministero Anna Andreatta, al termine della propria requisitoria, ha pronunciato la parola tanto temuta: ergastolo. Sergio Miglioranza, il 74enne che secondo l’accusa il 10 giugno del 2020 diede fuoco alla sua casa a Castagnole di Paese con dentro la moglie, Franca Fava di 68 anni, e Fiorella Sandre, 72, che viveva con loro, ha ascoltato tutta la requisitoria dell’accusa senza tradire un minimo di emozione. Poi, fuori dall’aula di Tribunale, non ha resistito e si è sciolto in lacrime. «Quel fuoco mi ha tolto tutto - ha detto - non avevo ragioni per fare una cosa del genere e non l’ho fatta». In considerazione delle aggravanti - tra cui quella delle crudeltà - il pm ha chiesto che all’uomo venga applicato anche l’isolamento diurno per tre anni e che gli venga imposta la misura cautelare degli arresti in carcere. «Sono soddisfatta - ha detto al termine dell’udienza la figlia di Fiorella Sandre - all’inizio avevo dei dubbi sulle responsabilità di quel tremendo rogo, mi dicevo che non era possibile che fosse stato lui. Poi quando è iniziato il processo abbiamo tutti avuto la certezza che invece era stato proprio Sergio. La mia costituzione come parte civile non ha niente a che fare con i soldi di un risarcimento, che peraltro non vedrò mai, ma è stata una questione di giustizia. Mia madre si era trasferita da Breda
di Piave a Paese per stare più vicina ai suoi nipoti. È stata una tragica decisione».
Miglioranza, secondo la Andreatta, sarebbe stato «reticente nelle sue dichiarazioni», ha cercato di depistare gli inquirenti portando a processo dei presunti indizi su un altro responsabile e la sua ricostruzione dei fatti presenta numerose contraddizioni. Il movente dell’incendio sarebbe stata l’assicurazione sulla casa e quello che avrebbe pensato di portare a casa con la copertura della moglie, che però era contraente della polizza e quindi non risarcibile. L’imputato, nelle ipotesi della procura, avrebbe impiegato 17 minuti a mettere in atto il piano: questo almeno dice la superperizia disposta dalla Corte d’Assise e firmata da Alberto Sturaro e Arnaldo Bagnato. L’incendiario, secondo i due esperti, avrebbe preparato 11 punti di innesco, 9 esterni alla casa e due internamente al primo piano utilizzando della benzina e dei blocchetti accendifuoco. Poi avrebbe acceso il tutto (prima a quelli posti fuori dall’abitazione e successivamente a quelli interni) e quindi sarebbe uscito definitivamente dalla casa. Il rogo avrebbe attinto il piano terra provenendo dall’esterno, prevalentemente dalle alberature. Le fiamme scaturite al primo piano sarebbero nate invece dagli inneschi posti al di fuori della camera e di un cucinotto. Il pubblico ministero ha quindi parlato delle intercettazioni telefoniche (un colloquio che era avvenuto con il fratello del presunto piromane) in cui un conoscente diceva che Sergio voleva liberarsi della moglie, arrabbiata con lui perché aveva dilapidato circa 150 mila euro in un investimento fatto con una donna rom che alla fine non gli avrebbe neppure restituito il capitale.
L’uomo avrebbe quindi preparato la «trappola», sbarrando la porta di uscita della lavanderia, che si trovava al piano terra cioè proprio dove le due vittime erano solite dormire. Franca Fava e Fiorella Sandre sarebbero asfissiate mentre cercavano inutilmente una via di uscita dal fuoco che presto le avrebbe raggiunte.