Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Nonno si assopisce, il nipote annega Patteggia 10mesi: «Vive già una pena»
Il bambino dormiva con luima si era svegliato e diretto verso la piscina
avevano trascorso tutta la mattina a fare il bagno poi attorno alle 11 si erano allontanati ed avevano chiuso il cancelletto della recinzione costruita attorno alla piscina.
La coppia era andata a pranzo, lasciando il bimbo, che si era appena addormentato, al nonno. Quest’ultimo, dopo aver chiuso a chiave la porta di accesso al giardino si era seduto sullo stesso divano in cui riposava il piccolo e, senza volerlo, si era addormentato anche lui. Nel frattempo il bimbo si era svegliato e si era diretto in giardino passando forse per il garage.
Non è chiaro se sia stato un colpo di vento ad aprire il cancelletto, certo è che il bimbo aveva raggiunto la piscina, in cui poi era annegato. L’intera scena era stata ripresa dalle telecamere della videosorveglianza installata nell’abitazione.
A trovarlo esanime in piscina, attorno alle 16,40, era stata la mamma con il compagno. Inutili i tentativi di rianimare il bambino da parte del nonno, svegliato dalle urla della figlia. Nemmeno il tempestivo soccorso del personale del Suem aveva potuto evitarne il decesso. Si era quindi aperto il fascicolo a carico del sessantenne per omicidio colposo. Il quale, fin dai primi istanti successivi alla tragedia, si era mostrato collaborativo con gli inquirenti. Aveva dichiarato ogni dettaglio a sua conoscenza e aveva consegnato l’hard disk con i filmati delle proprie telecamere. Questi elementi e il concetto di «pena naturale» sono stati ripresi nella memoria difensiva del suo legale che era stata allegata alla richiesta di patteggiamento.
Quella definita «pena naturale» si riferisce al fatto che la morte del piccolo Jordan è stata per Valerio una tragedia personale prima di essere un fatto di rilevanza penale. La scomparsa del nipotino è stata infatti intesa come un « male di carattere fisico, morale o psicologico che l’agente subisce per effetto della propria stessa condotta – ha dichiarato l’avvocato Grasso – e che riguarda, dunque, l’ipotesi in cui l’autore del reato sia anch’egli, seppur indirettamente, vittima del reato che ha commesso». Un reato con il quale l’uomo dovrà «fare i conti» tutta la vita.