Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Buttafuoco: «La Biennale, unameravig­liosa fabbrica di ponti verso ilmondo»

La presentazi­one delle rassegne di Danza, Musica e Teatro è il debutto per il neo presidente che cita Battiato e Florenskij

- Di Sara D’Ascenzo

«Questa è un’istituz ione che è nel mondo, parla al mondo, vive nel mondo, avverte tutto ciò che c’è nel mondo con una qualità e un dovere speciale. Questa è una casa che ancora una volta rinnova il suo patto con la bellezza, con la libertà, rinnova il suo patto di fabbricare ponti attraverso i quali i popoli, da tutte le distanze, ritrovano quel senso che ahinoi, èstato dimenticat­o perfino nelle Olimpiadi. Nessuna chiusura, solo aperture, piuttosto riaperture, ponti, affinché il senso stesso dell’arte possa essere il luogo dello spirito critico e della libertà». Per la sua prima uscita pubblica da neo presidente della Biennale di Venezia, Pietrangel­o Buttafuoco, approfitta­ndo della presentazi­one dei cartelloni di Danza, Musica e Teatro nella Sala delle Colonne di Ca’

Giustinian, srotola il manifesto della sua Biennale. Il presidente prende in prestito da Franco Battiato, «complice e amico», per il quale chiede l’applauso , la canzone L’ombra e la luce e evoca e i suoi «due commendato­ri, quelli che mi hanno accompagna­to nel percorso delle mie avventure, dei miei studi, del mio lavoro»: Henry Corbin, filosofo, orientalis­ta e storico delle religioni, i cui libri in Italia sono pubblicati da Mimesis, e il filosofo e matematico russo Pavel Florenskij, ucciso in un gulag delle isole Solovki, uno dei più terribili luoghi di repression­e della dittatura staliniana. E cita, senza citarlo esplicitam­ente, anche Gabriele D’Annunzio, che nel romanzo Il Fuoco raccontò i funerali di Wagner a Venezia. Tutte citazioni non a caso per Buttafuoco, che da sempre ama nuotare controcorr­ente e che con la frase « nessuna chiusura piuttosto riapertura» sembra voler rispondere a chi - con una petizione online - chiedeva di chiudere il Padiglione d’Irsraele alla prossima Biennale d’Arte (che s’inaugurerà il 20 aprile) e far riflettere sulla chiusura forzosa (decisa dal governo russo) per la seconda edizione consecutiv­a, del Padiglione della Russia, che però quest’anno sarà riaperto per ospitare il Padiglione della Bolivia. Sono supposizio­ni, non corroborat­e da risposte, perché il presidente, dopo aver aperto la sessione di interventi e dopo aver ascoltato tutti i cartelloni dei direttori Stefano Ricci e Gianni Forte (ricci/forte) per il teatro, Wayne McGregor per la danza e Lucia Ronchetti per la musica, se n’è andato prima dell’apertura della sezione delle domande della stampa.

Ma come saranno questi Festival, gli ultimi immaginati e confeziona­ti dagli attuali direttori il cui mandato scade alla fine delle kermesse e che porteranno a Venezia oltre 200 appuntamen­ti, con 72 novità e 600 artisti provenient­i da 30 Paesi diversi che si ritroveran­no Teatro, Danza e Musica?

Intanto i periodi. Si inizia col Teatro e il programma «Niger et Albus», a Venezia dal 15 al 30 giugno; poi la Danza, «We Humans», dal 18 luglio al 3 agosto e infine la Musica, «Musica assoluta», dal 26 settembre all’11 ottobre. Per il loro «Niger et Albus», dal latino nero e bianco, ricci/ forte citano WimWenders: «Il mondo è a colori, ma la realtà è in bianco e nero». «Descrive gli opposti - spiegano nelle note i due registi - la forza dello strappo per ricucire una nuova specificit­à lontana dalle vetuste e anacronist­iche gabbie binarie». Un festival «pass-partout», pensato come un ideale mazzo di tarocchi «con il quale pronostica­re un futuro possibile»: dalla compagnia australian­a Back

Questa è una casa che ancora una volta rinnova il suo patto con la bellezza, con la libertà. Nessuna chiusura, solo aperture

to Back Theatre, leone d’oro alla carriera, per la prima volta in Italia, che trova nella disabilità uno strumento di indagine artistica nello spettacolo Food Court, al Gob Squad Theatre, il collettivo anglo-tedesco Leone d’argento che sarà presente con due lavori: Creation (Picture for Dorian) e Elephants in Rooms, installazi­one visiva a schermi multipli.

Punta alla complessa relazione tra uomo e tecnologia, il Festival di Danza, che vedrà diverse coreografi­e interagire o contrappor­si all’Intelligen­za Artificial­e, come Human in the Loop della svizzera Nicole Seiler, che sottopone l’IA a uno «stress test» con i danzatori in scena o Waves, della formazione taiwanese Cloude Gate, che sperimenta le ricadute sulla danza dell’intelligen­za artificial­e.

Ronchetti termina con questo Festival il lavoro di ricerca sulla musica arrivando a quella assoluta, per analizzare la musica «quale linguaggio autonomo», senza dimenticar­e il legame con la storia della musica nella città di Venezia. Diviso in dieci sezioni - da Assolo a Absolute Jazz - il Festival vedrà in scena compositor­i o interpreti «che elaborano partiture, programmi, codici e performanc­e, senza alcun riferiment­o extra-musicale e senza riferiment­i visivi».

Evocati in tutti gli interventi il precedente presidente, Roberto Cicutto, cui Buttafuoco ha dedicato parole d’affetto, ed Elena Leonardi, storica collaborat­rice di Biennale Musica, alla quale Renzetti ha dedicato, commuovend­osi, il Festival e alla quale anche Ricci, nel suo intervento, ha dedicato lo spirito degli spettacoli.

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Orizzonti Pietrangel­o Buttafuoco fotografat­o da Andrea Pattaro dell’agenzia Vision. Sotto, «Waves» di Cloud Gate e «Have a Good Day!» di Vaiva Grainyte, Lina Lapelyte e Rugile Barzdžiuka­ite

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