Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Calcio a 5 e false sponsorizzazioni la Cassazione dà piena ragione a Filippi
distanza di 12 anni, si chiude la vicenda delle false sponsorizzazioni. La Corte di cassazione ha accolto il ricorso presentato da Alberto Filippi, imprenditore ed ex parlamentare leghista, di Arcugnano e dal fratello Franco, condannando l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. La sentenza riguarda le accuse di false sponsorizzazioni al Grifo calcio a 5 di Arzignano, la società sportiva a cui faceva capo Andrea Ghiotto, imprenditorefaccendiere arzignanese protagonista dello scandalo relativo al sistema di fatture false nella Valle del Chiampo.
Alberto e Franco Filippi, assieme al padre Carlo, erano stati tirati in ballo proprio da Ghiotto ed erano successivamente finiti nell’inchiesta della guardia di finanza, la quale ipotizzava fatture volutamente gonfiate per ottenere indietro una parte dell’imponibile, in nero, come amministratori della Unichimica srl, società con sede a Torri di Quartesolo e uno dei sessanta sponsor coinvolti nell’affaire sponsorizzazioni dell’Arzignano Grifo. A scagionare i Filippi era stato, qualche tempo dopo, lo stesso Ghiotto, il quale aveva ritrattato le sue dichiarazioni, sostenendo di avere fatto il nome dell’ex senatore vicentino soltanto per ripicca. Alberto Filippi, infatti, aveva elogiato l’operato della guardia di finanza in merito all’indagine sulle sponsorizzazioni, e questo avrebbe mandato Ghiotto su tutte le furie.
Secondo indagini dei finanzieri di Arzignano, tra il 2004 e il 2008 Unichimica avrebbe inserito in contabilità elementi passivi, in realtà fittizi, grazie alle fatture false emesse dall’«Arzignano Grifo srl» e dall’«Arzignano Grifo C/5», con ghiotto che avrebbe restituito una parte delle somme in nero, e lo stesso veniva contestato per la Uniderm srl, con Franco e Alberto Filippi quali amministratori pro tempore. La famiglia Filippi ha sempre respinto le accuse, una circostanza confermata dal tribunale, tanto che nel 2015 era finito tutto in prescrizione. L’anno successivo i due fratelli, in qualità di rappresentanti di Uniderm e difesi dagli avvocati Francesco Moschetti, Alberto De Felice e Francesco d’Ayala Valva, hanno quindi presentato ricorso contro l’Agenzia delle entrate, accolto dalla Cassazione.