Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Cantieri Tav sui terreni Ipab «Per noi dannomilionario»
Nell’area un campo base fino al 2030, all’ente 130mila euro di indennità Angonese: si poteva evitare, era in vendita. Così si blocca una nuovaRsa
L’occupazione si risolve nel giro di una ventina di minuti tra via Ceregata e via Olmo ad Altavilla. E si risolve nel vano del bagagliaio di un’anonima Fiat Panda aperto per riparare dalla pioggia il decreto di occupazione temporanea e la stesura del «verbalino», per usare l’espressione del funzionario di IricavDue, general contractor per il Tav. «Video e foto sono necessari? » chiede tradendo l’accento romano. «Sì» si sente in veneto strascicato. Il funzionario alza le spalle e va avanti. Mattatore del palcoscenico è Ermanno Angonese, presidente di Ipab. Ci sono tre ettari di campi agricoli proprietà dell’ente assistenziale affittati a un agricoltore, Gianfranco Vicariotto. Da ieri e per i prossimi sei anni questo spazio sarà uno dei campi base gli operatori del Tav. Di certo c’è solo che questi sono gli ultimi giorni disponibili per guardare una bella porzione di verde lungo la Regionale 11. Da Ponte Alto a Montecchio Maggiore è già un susseguirsi di capannoni laddove fino a vent’anni fa c’era solo campagna. La strada regionale, per inciso, corre parallela alla provinciale del Melaro: lì la ricostruzione del cavalcavia di via Paganini abbattuto nell’ambito dei cantieri Tav a maggio dell’anno scorso è in forte ritardo, a quanto sembra per un errore nella posa delle fondamenta.
«Ipab è qui non certo perché ci tiene al verde – osserva Vicariotto – ma perché ci sono dei piani di sviluppo. Cemento, cemento, cemento». In effetti è così. «A fronte di un’indennità ridicola di 1.800 euro al mese – spiega Angonese – l’occupazione crea un danno milionario a Ipab». Per voce del presidente i tre ettari destinati ad area commercialedirezionale hanno un valore tra i 2,5 e i 3 milioni di euro. «Questo spazio – continua – è al centro di un progetto di alienazione con la prospettiva di utilizzare il ricavato per una nuova Rsa. Ma il decreto interrompe la trattativa con il potenziale acquirente». Le rimostranze di Angonese non sono poche. Nella sua denuncia contesta non tanto l’obiettivo finale, la realizzazione del Tav, ma l’approccio. Nonostante dalla costruzione della diga a Curon in poi e passando per il Vajont si sia dimostrata una certa noncuranza nei confronti di chi le grandi opere pubbliche le subisce. Dice Angonese: «Abbiamo proposto a IricavDue, anche via Pec, un altro terreno di nostra proprietà con una superficie più ampia a un chilometro da qui e con la stessa facilità di accesso alle strade. Non abbiamo mai ricevuto riscontri tantomeno da altri enti pubblici. Sono due anni che mi batto ma non abbiamo mai avuto una sponda». Angonese negli «affari» pubblici non è l’ultimo arrivato ed è consapevole che ormai la battaglia è di bandiera e la dichiarazione che tramite il suo consulente Giancarlo Martinello fa inserire sul «verbalino» va in questa direzione. Tanto che quando l’avvocato Martinello fa mettere a «verbalino» che «si fa presente che la notifica del decreto di occupazione è pervenuta soltanto il 26 marzo 2024 quindi due giorni prima della data odierna e non sette giorni comeprevede la norma» è la tradizionale nota in punta di diritto che non avrà conseguenze. Tanto più che il funzionario di IricavDue afferma che «la notifica è stata spedita il 14 marzo». «Non si accettano le indennità provvisorie proposte e si chiede la rideterminazione delle stesse in funzione della reale destinazione urbanistica. Si richiamano interamente tutte le osservazioni inviate in precedenza con le quali si chiedeva lo spostamento dell’occupazione su altro sito» detta il legale di Ipab. È il Tav way of life.
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