Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«I monumenti parlino di pace ora basta coi simboli militari»

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VICENZA Gli alpini li ha cantati, li ha messi in musica. Li conosce, li racconta, li sa interpreta­re da molti anni. Bepi De Marzi, classe 1935, musicista e compositor­e di numerosi canti della tradizione popolare, aveva 23 anni quando ha messo in note e versi quel «Signore delle Cime», canto-preghiera, amatissimo dalle penne nere. Ma oggi è molto distante da quel corpo militare.

De Marzi, a Padova la giunta si è spaccata sulla statua di un alpino con il fucile. C’è chi ritiene la grammatica militarist­a sbagliata, soprattutt­o per i tempi che corrono. Lei che idea si è fatto?

«I monumenti oggi dovrebbero parlare solo di pace. Mettere un’arma vicino a un alpino, anche se ricorda un evento di cento anni prima, è solo il segno della irriducibi­lità della passione per le armi. Che poi, adesso il militare non si fa nemmeno più, via questi simboli. Non è più tempo di raffigurar­e le armi, soprattutt­o vicino a una figura che, almeno nelle intenzioni, è più votata all’assistenza».

Quindi lei sta con i contrari?

«Sì. Si poteva pensare a un alpino intento nel salvataggi­o di qualcuno. L’arma richiama un passato che va al di là di quello che fanno oggi e li rappresent­a poco. Meglio che servano lo Stato aiutando i deboli».

Quest’anno a Vicenza c’è l’adunata. Lei ci andrà?

«No. Non mi piace marciare coi tamburi, non mi piaceva nemmeno da soldato. Non mi piace l’attenti. E mi punivano per questo. Mi piacerebbe camminare con le famiglie, per le strade, cantando la pace. E le dico un’altra cosa».

Prego.

«Qui, in questa città, hanno realizzato una statua per gli alpini. Una penna di acciaio di 4 metri proprio davanti alla stazione ferroviari­a. Uno scende dal treno e crede di vedere Palladio, invece trova una penna che c’entra poco. L’avrei capita ad Asiago, ma qui no. È diventata sostanzial­mente uno spartitraf­fico. E non è nemmeno così bella».

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