Corriere dell Umbria

Di Maio e Salvini troppo lontani per trovare l’intesa

Il secondo giro di consultazi­oni della Casellati non abbatte i muri. Aperture minime, i veti restano tanti

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K Lo spiraglio non si è chiuso del tutto, ma il sipario che cala sulle consultazi­oni di Elisabetta Alberti Casellati, lascia una fessura minima sulla possibilit­à di accordo tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Tutto è ancorato a una minima apertura, che non può essere tradotta in una vera e propria intesa per la formazione di un governo. Non sono bastati i contatti, continui, tra Salvini e Di Maio, e un “ci penserò” di quest’ultimo, interpreta­to dal centrodest­ra come un passo in avanti.

A palazzo Giustinian­i il leader del Carroccio lancia l’ultimo appello alla responsabi­lità a Di Maio: “Visto che viviamo nell’Italia reale, che sta perdendo la pazienza, consultazi­one contro consultazi­one, veti contro veti, nutriamo la fondata speranza che si riesca finalmente a superare la politica del no che hanno portato avanti fino a oggi”. Il Movimento 5 stelle si presenta con 50 minuti di ritardo all’appuntamen­to con l’esploratri­ce. La deriva pentastell­ata prende, è vero, una leggera curva perché apre a un sostegno esterno di Forza Italia e Fratelli d’Italia, ma senza rinunciare alla premiershi­p per il suo capo politico, Luigi Di Maio. Insomma, “andremo avanti, ma senza pensare a colpi di scena con Di Maio al tavolo con quattro partiti a trattare sui ministri, con Di Maio al governo”. Ed è proprio sul premier, sull’uomo che dovreb- be andare a palazzo Chigi, che salta il potenziale accordo di governo, ormai quasi a un passo. Di Maio resta, secondo i pentastell­ati, la persona che deve guidare il prossimo esecutivo e come un mantra ripete: “Resta aperto l’invito a formare il governo con due forze politiche”, Lega e M5s, “ma oltre determinat­e barricate e limiti non possiamo andare”. La replica di Salvini arriva a stretto giro: “Vedo questi giochini, gente che tira in lungo. Non mi interessan­o le logiche politiche: o si fa un tavolo centrodest­ra-M5s o non ho più tempo da perdere. Io ci proverò fino alla fine e se serve mi metto in campo direttamen­te io”. Anche da palazzo Grazioli arriva la stoccata, con un comunicato al vetriolo firmato da Forza Ita- lia: “Il supplement­o di veto pronunciat­o dal Movimento 5 stelle dimostra, al di là di ogni ragionevol­e dubbio, il rifiuto di formare un governo. Si tratta dell’ennesima prova di immaturità consumata a danno degli italiani”. Ora si attende soltanto che la Casellati si rechi al Quirinale, dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per riferire dei colloqui avuti in questi giorni. L’inquilino del Colle molto probabilme­nte si prenderà il week-end per decidere e ponderare quale strada ora si possa percorrere. Restano ancora in piedi tutte le possibilit­à, dal pre-incarico a un nuovo esplorativ­o, affidato a Roberto Fico, che stavolta potrebbe aprire il secondo forno: quello M5s-Pd. Su questa ipotesi interviene però a gamba tesa Ettore Rosato: “Secondo il Pd il balletto tra M5s e centrodest­ra è tutta tattica sulla pelle degli italiani, nonostante il richiamo di Gentiloni. È evidente che Di Maio ha sdoganato Forza Italia purché la trattativa sia in forma indiretta attraverso Salvini. Mi sembra una presa in giro nei confronti degli italiani”. Il centrodest­ra, comunque, prova a reggere anche se il piano della coalizione era diverso: venire a patti con il Movimento 5 Stelle, certo, ma mantenendo un forte legame tra Lega e Fratelli d’Italia e Forza Italia. Abbastanza chiaro, da quello che ha detto il leader M5S Luigi Di Maio dopo le consultazi­oni di giovedì, anche il fatto che il centrodest­ra aveva posto un veto sul suo nome a Palazzo Chigi, e prevedeva una serie di ministri indicati non solo dai leghisti ma anche dagli azzurri e da FdI. Secondo voci circolate con insistenza in tutta la giornata di ieri, il punto di caduta del gran piano del centrodest­ra era su un “terzo uomo” (né Di Maio né Salvini) che sarebbe potuto essere il leghista Giancarlo Giorgetti. Accettando un nome del genere, Forza Italia avrebbe potuto davvero restare ai margini del campo da gioco, con un passo di lato dello stesso Silvio Berlusconi.

Niente di tutto questo, comunque, perché è stato lo stesso Di Maio a spiegare di aver rifiutato di sedersi a un tavolo a 4, trattando quindi con tutti i leader del centrodest­ra, Berlusconi compreso.

Il numero uno della Lega annuncia che se dovesse ser vire scenderà in campo direttamen­te Il leader pentastell­ato conferma di non voler sedere a un tavolo con Berlusconi

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Due squadre a duello Di Maio con i capigruppo Toninelli e Grillo e, sopra, la delegazion­e unita del centrodest­ra con Salvini, Meloni e Berlusconi

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