Adesso Di Maio spinge per le elezioni
L’artiglieria pesante del Movimento a fianco del leader. Grillo a ruota libera, Di Battista attacca Salvini
Per la prima volta da quasi due mesi il Movimento 5 stelle sembra essere in seria difficoltà. Stretto nella morsa di una doppia proposta di accordo per il governo che trova solo porte sbarrate dai potenziali contraenti, e di un risultato decisamente sotto le aspettative alle elezioni regionali in Friuli (7,1% contro l’11,7 del 4 marzo), Luigi Di Maio mostra qualche segno di nervosismo e prova a spedire la palla in tribuna invocando il ritorno alle urne. Il capo politico dei pentastellati proprio non ha digerito il no di Renzi al contratto alla tedesca, andando giù pesante su Facebook: “La pagherete”. Quella che sembrava una minaccia rivolta ai dem, però, voleva essere solo una profezaà, perché il senso di quelle parole è tutto politico, della serie “pagherete questo rifiuto alle urne”, anche se la comunicazione, solitamente efficace, questa volta gli è riuscita oggettivamente male. Infatti, dopo poche ore il giovane leader ha corretto il tiro. Nessuna frase roboante, ma un annuncio che ha il sapore dell’ufficialità: i forni sono chiusi. All’orizzonte resta dunque una sola strada percorribile: le elezioni anticipate. Colle permettendo, ovviamente.
Il capo politico dei 5 stelle vuole chiudere i conti con quelle forze politiche che per quasi 60 giorni gli hanno sbarrato la strada di palazzo Chigi e chiama a raccolta le truppe con una parola d’ordine precisa, ballottaggio, e un avversario specifico, la Lega. Non propone a Salvini di modificare la legge elettorale, ma di andare insieme al Quirinale per chiedere di votare quanto prima, a giugno se possibile, per instillare nell’opinione pubblica l’immagine di una scelta tra due soli competitor. Una mossa ardita, che riesce a chiamare a raccolta tutta la contraerea pentastellata. Il primo a rispondere presente è Beppe Grillo, che sgancia subito la bomba paragonando i partiti a dei parassiti. Per il comico genovese “stiamo vivendo uno stallo soltanto apparente, è il lavorio dei vecchi partiti che tentano di rigenerarsi sfruttando l’onda provocata dalla nostra energia, la stessa che li ha suonati come campane. Questa è la logica evolutiva dei parassiti: utilizzare l’entusiasmo del nuovo per far so- pravvivere il vecchio”. Ne ha per tutti il co-fondatore del M5s: Salvini, Berlusconi, il Partito democratico. Nella pattuglia d’attacco si è schierato in formazione anche un altro cacciabombardiere pentastellato, Alessandro Di Battista. Il suo biglietto per l’America è datato 29 maggio, ma sono in molti a scommettere che lo annullerà a stretto giro di posta. Quando sente odore di campagna elettorale, uno come “Dibba” non si tira certamente indietro. Infatti sposa subito la linea, tutti con Di Maio e contro la Lega: “Ho sbagliato a chiamare Salvini Dudù, a differenza sua Dudù al guinzaglio non l’ho visto quasi mai”. Al segretario del Carroccio lancia, poi, il guanto di sfida: “Ora dimostrasse un coraggio che non ha mai avuto e chiedesse elezioni anticipate”. Anche se i capigruppo di Camera e Senato, Giulia Grillo e Danilo Toninelli, provano a spegnere le polemiche ricordando che si tratta di Regionali, quindi “il risultato non va confrontato con quello delle politiche”, il fuoco della sconfitta brucia.
Serve qualcosa che smuova la paralisi di Palazzo, evitando il rischio di possibili governissimi o esecutivi di responsabilità nazionale. Cosa c’è di meglio, allora, di una campagna elettorale per uscire dalla palude. Niente più forni o contratti: ’o noi o loro, i vecchi partitì. Anzi, per dirla con le parole di Di Maio: “Scelgano i cittadini tra rivoluzione e restaurazione”. Senza esclusione di colpi.
I due forni chiudono i battenti La trattativa per il governo continua a non trovare sbocchi praticabili