Corriere della Sera (Bergamo)

Abusi su ragazzina assolto l’ex curato «Finito un incubo»

Serina, lei si sfoga: «Mi ha rovinato la vita»

- di Giuliana Ubbiali

Èuna vicenda che ha spaccato il paese di Serina, 2.000 anime. Da un lato l’ex amato curato don Marco Ghilardi, dall’altro una ragazza che l’ha denunciato di averla molestata da bambina. Il primo capitolo di questa triste storia è stato chiuso dal tribunale di Bergamo con un’assoluzion­e del sacerdote «perché il fatto non sussiste». «È finito un incubo — è la sua reazione —, ho sempre avuto fiducia, ben riposta, nella giustizia. Ma non serbo rancore verso nessuno». La ragazza, che ha sempre temuto di non essere creduta, sì: «Mi ha rovinato la vita, ma io vado avanti a testa alta per una questione di giustizia». Accusa e difesa fino a due ore prima della sentenza hanno ribadito le loro linee. Il pm: «La ragazza ha riferito le molestie a più persone, a diverse età». L’avvocato: «È sempre lei la fonte, non può essere il riscontro di se stessa». Atti al pm per valutare la falsa testimonia­nza di una suora che difese il prete.

Don Marco Ghilardi non si è perso un’udienza, ma alla lettura della sentenza ha preferito non esserci. «Assolto perché il fatto non sussiste», avrebbe sentito pronunciar­e dalla presidente del collegio Antonella Bertoja. Il pm Gianluigi Dettori aveva chiesto la condanna a 12 anni di reclusione. I giudici hanno invece sentenziat­o che l’ex curato di Serina, 40 anni, non ha molestato Sara (nome di fantasia), la ragazza del paese che a due settimane dai 18 anni l’ha denunciato per abusi, quando aveva dai 6 ai 10 anni.

Nemmeno lei, oggi ventunenne, è in aula alla lettura della sentenza. In corridoio con la mamma e un fratello, per una frazione di secondo non si è accorta che i giudici sono rientrati. «Se questa è la giustizia, mi spiace — reagisce alla notizia della decisione —. Io vado avanti a testa alta. Lui mi ha rovinato la vita. Anche se fosse stato condannato questo non sarebbe cambiato, perché i ricordi restano, ma almeno avrei avuto giustizia».

Don Marco non è presente, ma per lui gioiscono altre persone. Il sindaco Giovanni Fattori, che prima dell’udienza ha stretto la mano al fratello e alla mamma della ragazza, tira un sospiro di sollievo. Un ragazzo esulta e altri due sostenitor­i fissi mostrano soddisfazi­one. Il sacerdote parla tramite il suo avvocato Roberto Bruni: «Sono felice che sia finito questo incubo durato anni e spero che lo sia definitiva­mente. Ho sempre avuto fiducia nella giustizia, una fiducia ben riposta. E non porto rancore verso nessuno». Sara, soprattutt­o, si intende. Lei che più volte ha ripetuto la sua ossessione: non essere

creduta. Per questo motivo — è la sua versione — non si è mai confidata con i genitori e ha atteso i 18 anni per sporgere denuncia. Ora nemmeno i giudici le hanno creduto? Per capire il loro ragionamen­to bisognerà attendere le motivazion­i. Nel dispositiv­o

non fanno riferiment­o al secondo comma, la vecchia formula dell’insufficie­nza di prove, ma non è necessario specificar­lo. Sarebbe cosa ben diversa dall’assoluzion­e con formula piena. E cioè «resta il dubbio, quindi non si può condannare» anziché «la ragazza non ha detto la verità». Va registrato che il collegio non ha rimesso gli atti al pm per procedere per calunnia nei confronti della giovane (la difesa non l’ha chiesto), ma anche questo può essere legato a un ragionamen­to. Lo stesso dell’avvocato Bruni, cioè che Sara non abbia detto la verità ma in modo inconsapev­ole, senza dolo.

Intanto lei è tornata a Serina con il peso di un paese spaccato. Anzi, forse più dalla parte dell’amato ex curato che dalla sua. «Rifarei tutto — è serena, all’apparenza —. Nessuno mi ha mai detto nulla, anche perché sarei stata io la prima a rispondere che sono cose personali. Comunque sì, le amiche mi hanno sostenuta». C’è da aspettarsi che il pm ricorra in appello. Nelle repliche l’ha ribadito: «Sette testimoni hanno riferito le confidenze

Ricorso in appello Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a 12 anni di carcere Il sindaco in aula Giovanni Fattori ha seguito molte udienze: all’esito ha tirato un sospiro di sollievo

della ragazza, in periodi diversi, anche alle elementari. Allora vogliamo sostenere che lei si era prefigurat­a a otto anni di calunniare?». Ma Bruni: «È sempre lei la fonte e non può riscontrar­e se stessa. La sua sola parola non basta, il dubbio è insuperabi­le».

Due passaggi del processo hanno colpito, uno a favore dell’accusa e l’altro della difesa. Don Marco aveva detto di non ricordarsi nemmeno chi fosse la ragazza, ma una suora l’ha smentito riferendo di una cena a casa sua. Inoltre, in un paese di 2.000 abitati, ci si conosce tutti. Ma è anche vero che da ragazzina, alla psicologa dei servizi sociali, lei aveva confidato dettagli intimi ma mai ha accennato le molestie del sacerdote.

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L’oratorio Qui e a scuola, secondo la ragazza, sono avvenute le molestie

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