«Sea-Sacbo, così la fusione salta»
I milanesi: Orio vuol pesare troppo. Nessuno spiraglio sulla moratoria dei voli chiesta dai Comuni
Il cda va verso un terzo mandato a Radici. Il sindaco Gori: per noi l’alleanza resta un’idea interessante
C’è sempre più freddo sulla fusione tra Sea e Sacbo: nonostante gli ottimismi di facciata dei milanesi, le trattative sembrano arenate. Tra le cause, la volontà bergamasca di avere nella nuova società molto più peso di quello che la controparte vuole concedere. Ma per il sindaco Giorgio Gori «la fusione resta un’idea interessante». Sono invece più vivaci i movimenti in vista del rinnovo del Cda di Sacbo, con un possibile terzo mandato di Miro Radici alla presidenza.
Ci volevano gli interventi di Pietro Modiano e Giuseppe Sala — a margine della «Mobility Conference Exhibition», il tradizionale appuntamento di Assolombarda sul tema della mobilità e delle infrastrutture — per rinfocolare il tema fusione Sea-Sacbo. Allo strenuo possibilismo del numero uno di Sea («Pazienza e fiducia, i tempi saranno più lunghi del previsto, ma gli azionisti stanno parlando»), si contrappone il netto pragmatismo del sindaco di Milano che, chiaro e tondo, ha ribadito di avere «altre priorità sul tavolo, il tema è secondario».
Se opportunità (che pure Sala ha riconosciuto sullo sfondo all’eventuale operazione) e priorità non coincidono sul fronte meneghino, su quello bergamasco il discorso si considera ormai chiuso. Nessuna brasca sòta la sénder, nessun fuoco arde più, assicurano dalle segrete stanze, sotto la cenere di questi ultimi mesi. Certo, gli azionisti hanno parlato tra di loro, ma senza trovare quella quadra del cerchio che per Sacbo significava ottenere in soldoni e in quote della costituenda newco un riconoscimento di valore. Anche la quotazione in Borsa era stata pensata in un’ottica di ri-equilibrio, alleggerendo le posizioni dei soggetti e riportando in favore di Bergamo il peso azionario che Milano avrebbe potuto, invece, vantare nel caso di una fusione secca: anziché 80 a 20, sarebbe stato 65 a 35. Accettabile proporzione di valorizzazione per Sacbo — partita da una necessaria sopravvalutazione iniziale del premio di maggioranza — che, invece, si è trovata di fronte gli scarsi entusiasmi di Sala: no Borsa, no priorità e, per giunta, bergamaschi troppo esosi. Quasi— ed è questa la percezione che si è diffusa — che la fusione per il primo cittadino di Milano, che aveva da subito chiamato in causa gli azionisti lasciando i presidenti a bordo campo, fosse configurabile come un «favore».
Dunque, fine (momentanea?) del discorso sul quale Modiano ha innestato un altro elemento: «Bergamo, mi pare, deve cambiare il consiglio di amministrazione» ha detto. Frase sibillina, con un retropensiero evidente: «Se cambiano gli interlocutori...».
L’assemblea dei soci di Sacbo è, infatti, convocata per il prossimo 3 maggio, ed è in questi giorni che lo scacchiere comincia a muovere le sue pedine. In ballo, oltre la nomina del presidente, c’è il rinnovo, più o meno radicale, del cda (votato dall’assemblea) che, dopo l’abdicazione di Cesare Zonca (a favore di Fabio Bombardieri), con buonissima probabilità vedrà l’uscita di scena anche di Emilio Zanetti, che sedeva nel board in rappresentanza della ex Banca Popolare di Bergamo. Un mondo bancario cambiato vorticosamente in questi anni è la punta dell’iceberg di una svolta che, anche per ragioni anagrafiche, segna la fine di un’epoca. Epoca nella quale il presidente Miro Radici si è sempre «ritrovato», ma che ora vedrà la discesa in campo di nuove figure, rappresentative di realtà territoriali in evoluzione, con cui rapportarsi.
Sarà un Radici ter? La palla per una terza nomina sarebbe nel campo dell’industriale seriano, lanciata dagli azionisti che in lui ripongono stima e fiducia incondizionata. Tra la più volte dichiarata grande passione per Carisma (la rinnovata casa di riposo al Gleno che considera un po’ come sua creatura) e la preoccupazione di mantenere Sacbo alle esplosive performance degli ultimi anni, (è uomo di sport e sa bene che è meglio lasciare una squadra in testa alla classifica che, nel campionato successivo, arrancare in zona retrocessione) con un nuovo mandato Radici si troverebbe ad affrontare comunque un triennio di nuove sfide. E di aperture verso nuovi orizzonti. Perché, se sull’inceppata fusione con Sea dovesse essere messa la croce, bisognerà tornare a guardare ad Est.
L’alleggerimento della pressione su Orio, volenti o nolenti, passa infatti o da Malpensa o da Montichiari. Tertium non datur. Tramontata una, tornerà in gioco l’altra ipotesi che, al di là dei vari proclami, non riesce a mettere a terra un piano di lancio. Sullo scalo bassaiolo si intravede qualche timidissimo tentativo in chiave e-commerce, ma nulla più. Come il recente l’approdo di Alibaba con un accordo che coinvolge Silk Way Italia e Sto Express il più grande gruppo cinese di spedizioni express — tre collegamenti all-cargo la settimana.
La consapevolezza (anche degli azionisti) della necessità di trovare un altro sfogo, in particolare al traffico cargo, fa da contraltare al fermento amministrativo e territoriale che i vari sindaci dell’hinterland interpretano e che, recentemente, avrebbero tradotto in una richiesta di moratoria dei voli. Sacbo è concessionaria di Orio, con Enav che obbliga i concessionari a piani di sviluppo.
Nessuno può obbligare Sacbo a mettere un «tappo» al traffico aereo. Quella che entra in gioco è piuttosto una sensibilità che afferisce, in particolare, all’azionariato pubblico che nella società riveste un ruolo non secondario.
«Moratoria» Nessuno può obbligare Sacbo a mettere un freno ai suoi piani di sviluppo