Laurea fasulla di Pezzoni, la procura: «Ha lavorato, si archivi la truffa»
Il motivo: stipendi dovuti perché ha lavorato E sulla laurea falsa è ormai tutto prescritto
Giuseppe Pezzoni ha presentato una laurea falsa, perché laureato non era, quindi ha ingannato l’Istituto Salesiani di Treviglio dove lavorava come professore e preside. Il pubblico ministero Giancarlo Mancusi lo ritiene un dato di fatto, ma ha chiesto l’archiviazione del fascicolo per falso e per truffa a carico dell’ex sindaco di Treviglio. Il falso, diversi documenti dal 2001 al 2009, sono finiti nel tunnel della prescrizione. Rispetto alla truffa, il pm ritiene che ci siano stati i raggiri ma non anche l’ingiusto profitto e l’altrui danno patrimoniali previsti dal reato: Pezzoni ha lavorato e quindi gli stipendi gli spettavano.
L’inganno c’è, ma la truffa no. La linea che divide le due conclusioni opposte è il ragionamento di sei pagine con cui il pm Giancarlo Mancusi ha chiesto l’archiviazione per la laurea falsa di Giuseppe Pezzoni, ex sindaco di Treviglio ed ex preside dell’Istituto Salesiani. Falso e truffa, le ipotesi ora spedite verso lo scaffale dell’archivio del nulla di fatto. Mentre sulla prima ha deciso la prescrizione, sulla seconda il pm ha ritenuto che manchino alcuni requisiti del reato. Stringi stringi, la spiegazione è che Pezzoni ha lavorato quindi lo stipendio gli spettava.
Commette una truffa, recita il codice penale, «chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno». I raggiri ci sono, perché Pezzoni ha spacciato per vero un certificato filigranato della Cattolica di Milano risultato falsificato, più altri documenti. Ma, a giudizio della procura, mancano l’ingiusto profitto e l’altrui danno che devono andare in coppia. Ora deciderà il giudice delle indagini preliminari che terrà conto anche delle eventuali opposizioni delle tre parti offese: l’Istituto salesiano, l’Ispettoria salesiana lombardo emiliana e l’ufficio scolastico provinciale.
Alla fine, cioè il 24 febbraio scorso, Pezzoni si è laureato. Ma quando, il 31 agosto e il primo settembre 2001, a scuola aveva presentato la laurea e un certificato di conformità con il timbro del comune di Pagazzano (dove era stato sindaco), dottore non lo era. Scoperto, l’ha ammesso al Corriere il 23 settembre 2015: «Ero andato in crisi, per un anno sono stato lontano dalla scuola (da studente universitario era già stato collaboratore dei Salesiani, ndr). Quando sono tornato ho detto, e ho scritto, che mi ero laureato, cosa che non era successa». Primo inganno, secondo il pm: ha usato il certificato per stabilizzare la sua posizione lavorativa. Ma il falso si prescrive in sei anni. Addio. Il pm ha preso in considerazione la possibilità di spostare in avanti i tempi, perché Pezzoni ha «confessato» solo una volta scoperto, dunque il falso si è ripetuto nel tempo, ma l’ha escluso per una questione di diritto.
I tempi hanno giocato a favore dell’ex preside anche per tre autocertificazioni, del 2003, del 2005 e del 2009, quest’ultima all’ufficio scolastico provinciale come aggiornamento della graduatoria. Altra prescrizione. Così come per altre cinque attestazioni, stavolta rilasciate dai Salesiani nel 2004, 2005, 2007 e 2009 in cui si fa riferimento al «dottor Pezzoni». In ipotesi, i padri sarebbero caduti in errore per induzione.
Rispetto alla truffa, le lancette dell’orologio si sarebbero potute spostare in avanti fino all’ultimo stipendio. Ma su questo fronte non sono gli anni a fare la differenza tra la richiesta di archiviazione e la richiesta di processo.
Il pm cita la Cassazione e il diritto alla retribuzione garantito dalla Costituzione per spiegare che c’è l’inganno ma non l’ingiusto profitto. Era già successo con Marcello Moro a
cui lo stesso pm aveva sequestrato soldi ricevuti come presidente del Consorzio di bonifica ritenendo che non avesse i requisiti. La Cassazione aveva scongelato le somme perché Moro aveva svolto il suo lavoro, anche se lì però non serviva una laurea.
Su Pezzoni, Mancusi archivia anche l’ipotesi di esercizio abusivo della professione, perché quello di prof è un lavoro da graduatoria ma non protetta
da speciale elenco stile albo. Ai Salesiani, che nella denuncia hanno prospettato (quindi non attuali, secondo il pm) danni per la possibile invalidità degli atti firmati dall’allora preside o il timore che le famiglie degli alunni chiedano un risarcimento, ventila una via alternativa. Quella del danno morale, alias una causa civile.
«Manca il danno» La procura non ravvisa nemmeno l’ingiusto profitto, come previsto nel reato di truffa