BUON SENSO E DIRITTO
«Taroccate, taroccate, tanto la legge è dalla vostra parte»: il messaggio potrebbe essere questo, e non è certo un figurone per la nostra giustizia. Dopo 17 mesi di indagini il pm Giancarlo Mancusi ha chiesto l’archiviazione per la laurea fasulla dell’ex sindaco di Treviglio Beppe Pezzoni, travolto dallo scandalo quando era preside del Collegio salesiano: il falso sarebbe prescritto e la truffa, sostiene il magistrato, non c’è perché il finto prof comunque ha lavorato e s’è guadagnato lo stipendio. Una motivazione tanto stridente con il buon senso che è difficile da spiegare con il diritto, più facile con il rovescio. Solo una domanda: è giusto che lo Stato non possa punire Pezzoni e quest’ultimo conservi la sua fedina penale immacolata? L’epilogo ripugna dal punto di vista istintivo, prima che giuridico. Secondo una rigorosa giurisprudenza il caso Pezzoni potrebbe configurarsi come una «truffa a consumazione prolungata»: con un certificato falso usurpa un titolo e un posto di lavoro, prolungando il reato ogni qualvolta riscuota lo stipendio visto che, non essendo laureato, non garantisce l’insegnamento previsto dal titolo abilitante. Per la procura di Bergamo, invece, il raggiro di Pezzoni — citando sentenze di Cassazione — non è reato anche se il rapporto di lavoro è basato sull’inganno. Vedremo cosa dirà il tribunale, cui spetterà l’ultima parola. Se il pm ha preso un abbaglio, si può sperare che un giudice rimetta il coniglio nel cilindro. Se avrà ragione, si imporrà una riflessione sul nostro sistema, che tutela i furbi a danno della gente onesta.