Marta Cavalli Dall’incidente al riscatto in bici
Dall’incidente in cui ha rischiato di perdere un rene alla prima vittoria tra le pro: «Ho dovuto ricominciare da zero»
Dopo il grave incidente a Montichiari dieci mesi fa, Marta Cavalli è tornata in sella. E grazie a lei la Valcar di Bottanuco ha centrato la prima vittoria nel ciclismo professionistico, l’11 marzo a Sanremo.
Sabato 11 marzo, a Sanremo, la Valcar Pbm di Bottanuco ha centrato la prima vittoria nel ciclismo professionistico. Un risultato inaspettato sia perché maturato dopo poche settimane di gare nella massima categoria, sia per il nome di chi ha trionfato: a regalare la prima gioia a patron Valentino Villa è stata Marta Cavalli. Dopo la paurosa caduta al velodromo di Montichiari dell’11 maggio 2016 (che le costò 23 giorni in ospedale e sei mesi di stop, con il rischio dell’asportazione di un rene) erano in pochi a ritenerla in grado di tornare ad alti livelli. «La prima a essere sorpresa sono io», conferma l’atleta cremasca, 19 anni appena compiuti. «Per me era solo la quarta gara dell’anno, per giunta nella nuova categoria».
Ha scelto un traguardo prestigioso per rompere il ghiaccio.
«Il lungomare di Sanremo, tra l’altro con la scalata del Poggio che ha deciso la corsa. Affrontare la salita simbolo della classicissima regala emozioni forti».
Oltre alla vittoria, cosa le ha fatto più piacere?
«La felicità delle mie compagne di squadra: erano più emozionate di me. Mi ha colpito che anche le ragazze di altre squadre fossero contente. È come se mi avessero riaccolto di nuovo».
A dir la verità lei era già tornata a fine dicembre.
«Sì, prima gara in pista, ancora a Montichiari, e titolo italiano nell’inseguimento davanti
alla vicecampionessa del mondo juniores Lisa Morzenti. Anche in quel caso, non ci potevo credere».
Cosa prova se ripensa al 2016?
«Penso a un anno in altalena, iniziato bene con il quarto posto in Belgio e la vittoria a Buttrio e terminato meglio con il titolo italiano in pista. Ma, in mezzo, tanta paura».
Chi le è stato vicino nei giorni dell’incidente?
«Dalle mie compagne di squadra agli amici di scuola, passando per il presidente della Valcar Pbm al mio allenatore e i miei parenti. Non mi sono mai sentita sola. Al resto ci hanno pensato le gare di ciclismo che ho visto in tv: il Giro d’Italia e le prestazioni delle mie compagne di nazionale agli Europei e ai mondiali».
Quali erano i sentimenti nel vederle gareggiare?
«Ero felice per i risultati che stavano ottenendo, ma mi mangiavo le mani: dovevo esserci anche io con loro, invece mi trovavo nella condizione di dover ripartire da zero». Addirittura da zero? «Le prime uscite in bici dopo l’infortunio sono state di una ventina di chilometri a ritmo turistico. Poi sono diventati 30, infine 40. Questi piccoli passi hanno tenuto alto il morale».
Una caduta del genere non lascia strascichi anche a livello mentale?
«Ci sono volute alcune gare per riacquisire la necessaria confidenza».
Cosa significa per lei aver rotto il ghiaccio anche su strada?
«Dà morale e tanta voglia di continuare a crescere. Anche se ho vinto, le prime gare mi hanno fatto capire quanto forte vadano le professioniste. Devo ancora migliorare». Su quale terreno? «In salita: specialmente le lunghe e le impegnative».
Lei è una specialista delle prove contro il tempo, non le sembra di essere troppo severa con se stessa?
«Non mi sono rimessa in sesto da un simile infortunio per accontentarmi. Tra qualche anno vorrei essere tra le migliori 20 atlete a livello mondiale».
Stupore «Il risultato ha sorpreso anche me, era solo la quarta gara nella nuova categoria»