In trasferta dalla Sicilia per rapinare la banca Incastrati da un’impronta
Colpo all’Ubi di via Borgo Palazzo, tre arresti a Catania
Essere (s)pregiudicati è stato fatale alla trasferta. Tre catanesi sono stati arrestati dalla polizia perché ritenuti i responsabili della rapina a mano armata messa a segno il 6 febbraio scorso alla filiale Ubi di via Borgo Palazzo 135. Lo sportello è accanto ai palazzoni della Clementina, in una zona periferica e spesso segnalata per problemi legati alla sicurezza.
La banda era partita due giorni prima dalla Sicilia: 1.380 chilometri in auto per andare e tornare col bottino. Ma, forse perché convinti che a Bergamo nessuno li avrebbe mai riconosciuti, forse per un eccesso di spavalderia, i tre hanno dato l’assalto allo sportello a volto scoperto e senza guanti. Risultato: attraverso un’impronta digitale, è stato possibile risalire a chi aveva scavalcato il bancone e arraffato i contanti. È Daniele Polizzi, 30 anni, la fedina penale già segnata da reati specifici. Per gli agenti della Squadra mobile, coordinati dal sostituto procuratore Raffaella Latorraca, è stato come avere in mano la sua firma.
Il film della rapina, registrato dalle telecamere dell’istituto bancario, inizia con «il palo» Raimondo Cosimo, 37 anni, anche lui pregiudicato, che si affaccia verso l’ingresso. È mattina e c’è viavai di clienti.
Cosimo apre la porta, lancia un’occhiata senza soffermarsi troppo e si allontana prima che una nonnina col bastone si faccia avanti. Pochi minuti dopo entra in scena Mario Cantarella, 22 anni, l’unico incensurato. Piumino rosso, varca la soglia, preme il pulsante delle porte automatiche e supera il bussolotto seguito dal complice Polizzi. Fin qui sembra tranquilla giornata in banca. È nell’istante in cui il trentenne mette piede nella filiale che il piano entra nel vivo. Cantarella toglie le mani dalle tasche, impugna un taglierino e si mette a minacciare i clienti. C’è chi alza le mani, chi resta pietrificato. Lui tiene sotto mi- ra un po’ l’uno, un po’ l’altro. Polizzi, intanto, si è alzato la sciarpa sul visto ed è già balzato dall’altra parte del bancone, dove si fa consegnare dagli impiegati 2.500 euro. Messi in tasca i soldi, riscavalca e corre. È la mossa che lo tradisce, perché quando gli uomini della Scientifica visionano i filmati, notano subito un particolare: per darsi lo slancio, il bandito ha fatto leva con le mani sul bancone, ma senza avere indossato i guanti. Quando le impronte digitali isolate sono state inserite nel database delle forze dell’ordine, sul computer è apparso il nome di Polizzi. Il volto corrispondeva a quello dei filmati.
Altro tassello: nella fuga il gruppo è stato visto allontanarsi su una Nissan Qashqai risultata intestata alla compagna di Cosimo. La stessa auto, destino, è stata fermata a un posto di blocco in Calabria il
La fuga Un testimone aveva visto i banditi allontanarsi su una Nissan Qashqai
giorno dopo. In quel momento era un controllo normale. Ma per le indagini è stato importante, perché autista e passeggeri sono stati tutti identificati. Erano in quattro e la denuncia è stata sporta per ciascuno. Incrociando gli indizi, il giudice per le indagini preliminari Ezia Maccora ha ordinato l’arresto in carcere per i tre che erano riconoscibili nelle immagini delle telecamere. Impossibile provare che anche la quarta persona avesse partecipato al colpo. La Squadra mobile è convinta che si tratti di una banda di «trasfertisti» delle rapine.