«FARE RETE» UN AZZARDO
La giunta Gori è comprensibilmente soddisfatta dei primi risultati ottenuti nella lotta contro il gioco d’azzardo. I dati dei Monopoli di Stato dicono che il calo a Bergamo c’è stato, nel 2016, quando è entrato in vigore il regolamento che impone limiti di orari a sale slot e affini. Ma i numeri e le reazioni dei sindaci dell’hinterland lasciano altre due indicazioni. La prima è che anche le misure più efficaci scalfiscono solo in superficie un fenomeno spaventoso. Nel caso delle slot machine la stretta ha prodotto una riduzione della spesa dell’11,4%: se si passa ai valori pro capite, si scopre che ogni residente in città in media nel 2016 ha speso 528 euro alle macchinette (599 nel 2015). Se poi ci si aggiunge la spesa pro capite per le videolottery (1.298 euro, +1%), è facile visualizzare stipendi e pensioni che se ne vanno, con le immaginabili conseguenze per famiglie e anziani soli. L’altra questione è politica. Senza la collaborazione dei Comuni confinanti, i divieti a tempo vengono aggirati dai giocatori che in pochi minuti si spostano fuori città. I sindaci del circondario sono apparsi tiepidi all’idea di replicare i provvedimenti nei propri Comuni, molti temono ricorsi e relative spese legali. È successo quando si è provato a condividere decisioni sull’ inquinamento, ora succede di nuovo: l’idea che da Palazzo Frizzoni si possa governare, o almeno coordinare, un pezzo della provincia fallisce a ogni tentativo. Chi ha responsabilità politiche è obbligato a riprovarci, ma finché non cambierà il quadro istituzionale questo «fare rete» continuerà ad assomigliare a uno spreco di energie e tempo.