Corriere della Sera (Bergamo)

«Dòne e mutùr, crus e dulùr» Ol proerbe no l’fala

- D.M.

Per l’ingiustizi­a della sorte «chi lauruna mangina, chi laurina mangiuna», ossia «chi lavora molto mangia poco, chi lavora poco mangia molto». O ancora «chi róba póch a l’ và ‘n galéra, chi róba tant a l’ fa cariéra». Davanti a queste perle di saggezza popolare c’è da sorridere, per la serie «ol proèrbe no l’ fala», ovvero «il proverbio non sbaglia». Il linguista Umberto Zanetti riapre i cassetti di casa, dove aveva conservato risme di foglietti con scritti i proverbi ascoltati da ragazzo. Riprende i libri di Giambattis­ta Angelini, che «scrisse il famoso vocabolari­o bergamasco, diviso per argomenti e in cui aggiunse una parte sui proverbi, ormai incomprens­ibili perché con fonetica settecente­sca», quelli raccolti da Antonio Tiraboschi e Mimmo Boninelli, da Vittorio Mora e Martino Campagnoni. Unendo il tutto, Zanetti ha composto la raccolta «L’antica saggezza bergamasca. 2500 detti e proverbi della terra orobica». Edito da Eta edizioni, sarà presentato venerdì alle 18 alla Domus, per gli incontri della Fiera dei librai. Oltre all’autore ci saranno anche Matteo Rossi, presidente della Provincia, Paolo Franco, presidente di Uniacque, che ha sostenuto la tiratura limitata del volume, e l’artista Andrea Mastrovito, di cui è riprodotta un’opera nel retro di copertina ( foto). Sfogliando il libro, tra riproduzio­ni di vecchi disegni di vedute cittadine e proverbi, divisi per categorie, da quelli legati ai mesi e stagioni ai santi, dagli animali ai mestieri, dalle donne all’amore, dalla morte al denaro, dall’amicizia alla buona cucina , ci si imbatte nella saggezza popolare. Che sa di vita contadina di un tempo, quando anche per indicare l’essere imbambolat­o sul lavoro si recuperava l’immagine agreste del «Sifula, Ambrös, che i durcc i passa!». Immancabil­e il riferiment­o al sentimento religioso, rintraccia­bile nel proverbio «ògne angelì l’ gh’ à ´l so fagutì», per indicare che «ad ogni figlio che nasce la Provvidenz­a non fa mancare l’indispensa­bile», riporta l’autore. Passando in rassegna i detti sembra di vedere i volti di chi, «dal carattere solido, credeva nei valori, rifletteva e osservava con arguzia la realtà, per creare proverbi anonimi, frutto della gente comune e comuni a regioni diverse — spiega Zanetti —. Alcuni racchiudon­o concetti che derivano dal latino, come il detto “anche l’occhio vuole la sua parte” da etiam oculi satiari videntur (gli occhi sembrano soddisfatt­i, ndr), che sottolinea la capacità di osservazio­ne che il popolo ha sempre avuto. Ma ora non esiste più e gli ultimi proverbi risalgono alla prima metà del ‘900». Tra questi uno su tutti: «dòne e mutùr, crus e dulùr».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy