RISPARMIO FAI DA TE
Quasi tutte le banche, italiane ed europee, esprimono una preferenza operativa verso l’asset management, ossia le gestioni patrimoniali mobiliari. Le immissioni di liquidità fatte dalle banche centrali hanno determinato uno spostamento degli attivi finanziari dei risparmiatori e degli investitori verso le azioni, generando così l’occasione di una domanda più intensa di consulenza e di assistenza al proposito della gestione dei portafogli titoli azionari, anche a motivo di partecipare all’integrazione dei mercati finanziari e monetari e alla possibilità di diversificare le scelte in un contesto globale. Il quesito da porsi è se la domanda sopraddetta trovi nelle banche la migliore e più efficace risposta. Invero, la classificazione della clientela bancaria in pochi gruppi di clienti, in funzione dell’ammontare dei mezzi affidati in gestione, degli obiettivi di massima che ogni singolo intende raggiungere, dell’orizzonte temporale di ogni risparmiatore, e così via, è un compromesso tra la consulenza diretta (forse possibile e conveniente per i grandi patrimoni) e la necessità di operare collettivamente per gruppi, che possano palesare un certo grado di omogeneità. Con una parte, la banca, che richiede ampia discrezionalità di azione, senza offrire specifiche garanzie di risultato, ma solo autodefinendosi professionalmente in grado di offrire il servizio richiesto. Queste riflessioni sono anche stimolate dalla notizia che Ubi intende accrescere la propria presenza sul mercato delle gestioni patrimoniali mobiliari, certo fruttuoso di commissioni, per i patrimoni da un milione di euro in su.
Appartengo alla categoria dei risparmiatori fai da te, consapevole di perdere occasioni e di sbagliare; l’età anagrafica consiglia di operare con la prudenza necessaria per non pregiudicare il valore del risparmio precedente e per cercare un frutto stabile. Ho chiesto più volte a varie banche una garanzia di risultato: vi affido per tre anni il mio patrimonio contro l’impegno di restituirmelo di uguale valore nominale (il rischio inflazionistico monetario a mio carico), avendomi assicurato un rendimento al netto di commissioni e di altre spese almeno pari a quello ottenibile collocando per lo stesso tempo (i 3 anni) il mio patrimonio in valori giudicati a rischio molto basso (come il debito statale di rating non inferiore ad A). Mi hanno sempre risposto negativamente. E io replico: preferisco sbagliare da solo. Forse anche molte banche dovrebbero riflettere sul come organizzare una competitiva operatività di gestioni patrimoniali, senza impegni di rischio di risultato. Quanto potrà durare l’asimmetria contrattuale oggi in atto?