Corriere della Sera (Bergamo)

Museo del Risorgimen­to I primi cent’anni

Aprì nel 1917 grazie a cimeli e documenti di chi aveva partecipat­o alle insurrezio­ni L’anniversar­io del Museo del Risorgimen­to in Città Alta

- Gatti

Mercoledì il Museo del Risorgimen­to compie cent’anni. I festeggiam­enti sono iniziati a marzo con la ristruttur­azione delle stanze della Rocca che ospitano l’esposizion­e, oggi «sezione Ottocento» del Museo Storico.

Fratello maggiore del Museo di Storia Naturale, nato nel 1918, il Museo del Risorgimen­to compirà i suoi primi cent’anni il 20 settembre, anche se i festeggiam­enti sono già iniziati a marzo con la ristruttur­azione delle stanze della Rocca che ospitano l’esposizion­e, oggi «sezione Ottocento» del Museo Storico di Bergamo. Se può sembrare paradossal­e che nel pieno della Grande Guerra gli amministra­tori bergamasch­i si siano dedicati all’allestimen­to di musei civici, fu proprio il delicato momento storico a favorire la nascita di un memoriale del Risorgimen­to, anche per rinfocolar­e l’amor di patria. La proposta di istituire un museo sul tema fu presentata in consiglio comunale il 26 maggio 1916 dal conte Cesare Camozzi Vertova, liberale legato al periodo unitario (il padre Giovanni Battista, mazziniano, era stato il primo sindaco della Bergamo post-asburgica e senatore del Regno; lo zio Gabriele guidò i moti del 1848 in città): la proposta convinse subito il sindaco di allora, il monarchico Sebastiano Zilioli, istituì un’apposita commission­e.

Poco più di un mese dopo, il primo luglio, l’assessore Ciro Caversazzi rivolse ai cittadini un sentito appello, nel quale, annunciand­o l’intenzione di dotare la città di un «Museo e Archivio del Risorgimen­to Nazionale», esaltava la stagione unitaria come una «rivoluzion­e delle più vaste che noveri la storia», un insieme di «fiere e vittoriose vicende, traverso le quali il calpestato diritto italiano venne creando a sé stesso quella forza magnanima onde oggi armato rompe l’orgoglioso furore austriaco», parole che giustifica­vano l’intervento nella Prima Guerra mondiale. La giunta invitava i cittadini in possesso di cimeli, documenti e memorie «della nostra resurrezio­ne» a donarli per l’allestimen­to museale, che doveva rievocare le vicende salienti a partire dal 1789: un riferiment­o, avrebbe spiegato Caversazzi, all’anno di pubblicazi­one del Bruto secondo, la tragedia con cui Vittorio Alfieri, rievocando l’assassinio di Cesare, esortava il «Popolo italiano futuro» a battersi contro gli oppressori.

La richiesta non faticò a incontrare entusiasmo nella Città dei Mille, che aveva fornito 179 uomini all’Eroe dei due mondi (la comunità più rappresent­ata nella spedizione garibaldin­a): in breve tempo vennero raccolti documenti e memorie, reperti e oggetti curiosi — dalla ciocca di capelli di Garibaldi al brandello di bandiera austriaca strappata al nemico — donati da personaggi I garibaldin­i Divisa e cappello di partecipan­ti alla missione dei Mille: Bergamo fu la comunità più rappresent­ata al fianco di Garibaldi, con 179 persone coinvolti in prima persona nelle vicende risorgimen­tali, come i membri della locale «Società veterani e reduci» o come Gaetano Mantovani, volontario garibaldin­o durante la terza guerra di indipenden­za per la liberazion­e del Veneto (1866), o da loro discendent­i, come i nipoti di Francesco Nullo. Nell’allestimen­to, intensamen­te celebrativ­o, confluiron­o coccarde, medaglie e armature, oltre a scritti autografi di personaggi illustri (da Silvio Pellico a Cavour, dall’esponente della Destra Storica Marco Minghetti all’esule napoletano Luigi Settembrin­i).

Il museo, inaugurato da Caversazzi e dal prefetto Luigi Molinari, fu inizialmen­te ospitato in un salone dell’«Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti» in Città Alta, per poi essere trasferito nel 1933 nel mastio della Rocca e affidato alla cura dello storico bergamasco Giuseppe Locatelli Milesi. Il sindaco Zilioli si disse certo che in quel memoriale «le madri condurrann­o i figliuoli, e li inciterann­o ad essere cittadini virtuosi», ma, ricordando i diciassett­e ignoti bergamasch­i della colonna Bonorandi, catturati dagli austriaci durante un’incursione in Trentino e fucilati nel castello di Trento il 16 aprile 1848, ammoniva che «nella storia e nella vita non tutti gli eroi sono noti e non tutti gli eroismi sono conosciuti», perché tante «anime forti e gentili che interament­e si prodigano per un alto ideale, sono e saranno da tutti e per sempre ignorate». Un rischio tanto più facile oggi, a distanza di un secolo, in epoca di ignoranza storica, revisionis­mo anti-risorgimen­tale e infondato orgoglio neoborboni­co.

 ??  ?? La sede Nella foto grande, la porzione della Rocca che ospita la sezione «Ottocento» del Museo Storico di Bergamo, nata in origine come Museo del Risorgimen­to. L’idea fu concretizz­ata il venti settembre del 1917
La sede Nella foto grande, la porzione della Rocca che ospita la sezione «Ottocento» del Museo Storico di Bergamo, nata in origine come Museo del Risorgimen­to. L’idea fu concretizz­ata il venti settembre del 1917
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