SE VOLANO LE BEFFE
Da un colosso come Ryanair, così sollecito a rullare i tamburi per ogni rotta che si aggiunge al vastissimo (e sia benedetto) elenco di mete da raggiungere, ci si aspetterebbe una comunicazione più puntuale sui duemila voli che sta cancellando per concentrare lo smaltimento ferie dei suoi dipendenti. Invece, con un comportamento che ricorda molto il marchese del Grillo, Michael O’Leary ha preferito «sorvolare», limitandosi ad avvisare le società di gestione degli scali e iniziando a tagliare i voli di soppiatto. Dopo le proteste degli utenti, la compagnia irlandese ha ritenuto — bontà sua — di anticipare di tre giorni la comunicazione dei voli da cancellare, per poi diramare in serata l’elenco delle cancellazioni previste fino a ottobre (non poteva farlo prima?) con un vademecum per attenuare i disagi. Basterebbe la seccatura di riproteggere il volo, le ferie da riprogrammare o un appuntamento di lavoro da disdire. Ma Ryanair finge di scordare che il viaggiatore medio prenota l’alloggio su piattaforme che a volte contemplano la possibilità di cancellare gratis la prenotazione, a volte no. Così l’utente che ha già un biglietto si trova a pagare per l’altrui incapacità di conciliare i suoi diritti con l’emergenza di personale della compagnia. Al netto di eventuali strascichi giudiziari, Ryanair dovrebbe interrogarsi sul danno d’immagine. Non varrebbe la pena chiedere scusa — scuse vere, non quelle infilate tra un paragrafo e l’altro della nota redatta su pressione dei consumatori — e tenere conto dei danni creati dalle cancellazioni comunicate a ridosso del volo?