Le ruberie del liquidatore Sequestrata la casa
Sale il conto del liquidatore arrestato a giugno
La casa in cui Stefano Ambrosini è ai domiciliari, a Torre Boldone, era stata acquistata all’asta per 250.000 euro. Dalla compagna, ma secondo la finanza con le sue ruberie (quasi un milione) quando era liquidatore per il tribunale. Ora è sequestrata.
Sul mercato vale dai 300.000 ai 350.000 euro, ma all’asta il prezzo era sceso a 250.000. In questa casa, a Torre Boldone, il ragioniere Stefano Ambrosini è agli arresti domiciliari da giugno, per peculato. Studio in via Nullo, 55 anni, a lungo liquidatore del tribunale di Bergamo per le procedure fallimentari, è accusato di aver intascato il denaro di un paio di società di cui si era occupato. L’affare all’asta è della sua convivente, che risulta intestataria dell’immobile. Ma secondo la guardia di finanza coordinata dal pm Emanuele Marchisio i soldi erano del ragioniere. Le ha foraggiato lui il conto corrente, risulta dalle verifiche, dunque l’immobile di fatto gli appartiene ed è finito tra i beni sottoposti a sequestro preventivo per equivalente della somma «rubata». I sigilli sono sulla carta, la coppia può continuare a viverci, ma non può disporne come vuole.
Dalle indagini della finanza il conto delle presunte ruberie è lievitato a quasi un milione di euro rispetto ai 432 mila sottratti alla Nuova Modulo di Nembro e alla Rce di Lallio citati dall’ordinanza del gip Ciro Iacomino. A luglio, dagli accertamenti su altri 14 incarichi del ragioniere come liquidatore, curatore fallimentare e commissario giudiziale, fino al 2010, ne risultavano altri 400.000. Ambrosini, che nell’interrogatorio di garanzia si era avvalso della facoltà di non rispondere, un mese dopo aveva deciso di parlare. Di spiegare e dare altre indicazioni su cui i finanzieri hanno puntato la lente. I sequestri di beni hanno raggiunto quota 900.000 euro. No comment, ieri, dal suo avvocato Carolina Manganiello.
In origine era stato il commissario giudiziale Alessandro Testa a indicare le «gravi anomalie» al tribunale sulla base della segnalazione della
responsabile amministrativa della Nuova Modulo. Ambrosini, riporta l’ordinanza, le diceva di non dire nulla delle uscite di denaro. Come addebiti disposti ed eseguiti direttamente da lui sul conto della società. Con assegno circolare di 154.976 euro, per esempio.
Con dei bonifici, 37.408 euro e poi altri 32.064 euro erano finiti sul suo conto personale. La stessa cifra (32.064 euro) per cui il ragioniere aveva chiesto un altro bonifico, invitando l’impiegata della banca a «falsificare una mail con un’autorizzazione proveniente dalla casella del commissario giudiziale». O, ancora, nelle relazioni semestrali sull’andamento delle società le «sottrazioni indebite venivano dolosamente occultate» con magheggi nei conti. «Personalità forte e prevaricante», lo descriveva il gip, «potrebbe indurre al silenzio o alla reticenza possibili testimoni». La revoca degli incarichi, aveva deciso il giudice, non sarebbe bastata a scongiurare il pericolo di reiterazione.