Salone Nautico, l’omaggio al mito di Riva
In mostra esemplari unici e un’installazione fotografica per ricordare l’ingegner Carlo
La dedica del Salone Nautico. L’esposizione all’ingresso di tre motoscafi unici, addirittura uno risalente agli anni Trenta. Un’installazione composta da diciotto pannelli che ripercorre la carriera dell’ingegnere di Sarnico e dell’azienda che lui rese uno dei marchi più invidiati al mondo. Genova omaggia la memoria di Carlo Riva, scomparso lo scorso dieci aprile.
I riccioli della piccola Maria Pia sono al vento con papà che scruta l’orizzonte e sorride. Ed eccolo, ancora papà, in primo piano con una sfilza di Aquarama alle sue spalle, o mentre pilota una delle sue creature, salutando con un’espressione tra il serio e il divertito. Ritrovarsi in certi scatti significa ritrovare pezzi di cuore, felicità che il tempo non scalfisce. Piuttosto intenerisce.
Nello sguardo dolce di Maria Pia e Lia Riva, c’è consapevolezza di essere state figlie di un mito e, con quella, scorrendo il diorama fotografico, la riconoscenza per il tributo riservato al papà Carlo. A lui hanno titolato il 57esimo Salone Nautico di Genova. Dedica d’istinto perché la notizia della sua morte era arrivata durante la conferenza stampa di presentazione del Salone, il 10 aprile. E a quella si è abbinata una mostra che accoglie i visitatori all’ingresso dell’expo, aperta al pubblico fino a dopodomani. Sotto il muro alto 5 metri e lungo svariate decine, che ricorda vagamente il Km Rosso, una scritta «Il mio mare e il mio incanto» e una serie di 18 pannelli, su supporti di legno chiari (idea di Pierfrancesco Caliari) che, in sequenza, sembrano piuttosto i fotogrammi di un film. Sono esposti en plein air, inondati dal sole di settembre, quel sole che «nutre il seme della vita». È una frase che l’ingegner Riva ripeteva spesso e che i due curatori della mostra, il giornalista e restauratore Edoardo Capodano e il professor Massimo Musio-Sale hanno ricordato nel tratteggiarne la figura.
«Il mito di un uomo geniale, ambizioso, perfezionista e terribilmente tenace». Questo potrebbe essere il sottotitolo del film narrativo che si snoda nei 18 pannelli (tratti dagli archivi storici della famiglia e dal volume «Carlo Riva» di Bolis Edizioni), dove immagini e parole si fondono come note di una partitura che riconduce tutto ai tratti distintivi di Carlo Riva. La sua testardaggine che i curatori hanno riportato nelle loro note, emersa fin da ragazzo nei conflitti con il padre: «Vedi quella bottiglia sul tavolo? Se vuoi me la rompi sulla testa, ma ricordati che farò le barche come voglio io». E proprio
Installazione La scritta «Il mio mare e il mio incanto» e una serie di 18 pannelli dedicati all’ingegnere
così, «Farò le barche come voglio io» è il titolo della conferenza che si terrà oggi alle 16 presso il Salone. I dettagli e la cura maniacale di certi particolari immortalati negli
Esemplari unici In mostra un Lancia anni Trenta, un Sebino del 1954 e un Super Ariston del 1968
scatti si fonde con la proverbiale ricerca della perfezione: «Famoso — scrivono i curatori — è il caso delle viti, tutte in lega speciale e inossidabile, come la cromatura delle parti d’ottone, ottenuta con spessore di 20 micron, dieci volte più dello standard. L’Ingegnere girava per il cantiere con una calamita in tasca — lo sapevano tutti — per verificare in ogni momento che qualunque elemento metallico fosse amagnetico, dunque privo di ferro e perciò inossidabile».
Accanto alle foto dell’installazione, tre imbarcazioni made in Riva finalizzano il senso del mito. Un Lancia costruito negli anni ’30 dal papà di Carlo, Serafino, esemplare unico al mondo si accompagna ad un introvabile Sebino del 1954, (solo 119 esemplari costruiti) che fa pendant con un Super Ariston del 1968, acceso da un cromatismo che omaggia lo stemma araldico della famiglia Zanoletti di Rozzano. Una giovane coppia di innamorati accarezza il legno e sogna. La DolceRiva non tramonta mai.