«Il mio viaggio lungo tre anni»
Idrissa e Keba raccontano l’odissea per arrivare in Italia «La fuga e i barconi».
Idrissa Doumbia, 29 anni, arriva dal Mali. Bomber bordeaux sopra la maglia del Virescit-Alzano, all’orecchio sinistro l’auricolare rosa del telefono cellulare, i pantaloni mimetici con i tasconi laterali. È il primo a sedersi al tavolo allestito fuori dal cancelli della Cascina Fenatica, dove vive solo da luglio. Dei due richiedenti asilo è quello che soffre di più i riflettori. Parla con un filo di voce al mediatore che fa da interprete e solo alla fine delle interviste si distende concedendo sorrisi, qualche posa per le foto e strette di mano. Il suo viaggio per arrivare in Italia è stato un’odissea: ha impiegato 3 anni. «Sono partito da Bamako, la capitale del Mali dove vivevo con i miei genitori e i miei fratelli — sussurra al mediatore —. Era il 20 ottobre del 2014 e sono riuscito a raggiungere le coste italiane il 13 giugno del 2017». Come nel racconto di molti profughi, l’ultima parte del viaggio è quella piena d’orrore. «Il periodo in Libia è stato molto duro — prosegue — mi hanno rinchiuso per due mesi in prigione, mangiavo una volta al giorno e mi picchiavano anche senza motivo, soprattutto però perché volevano dei soldi». Ora sogna un nuovo futuro, ricominciare dal mestiere di aiuto meccanico che ha lasciato in Africa. «Mi piacerebbe fermarmi in Italia, cerco solo una vita normale». (pt)