Corriere della Sera (Bergamo)

«Dentro Caravaggio» La curatrice svela i segreti dell’artista

Alla vigilia della grande mostra milanese la curatrice Rossella Vodret racconta l’artista: dalla parlata della Bassa alla tecnica della luce

- di Pietro Tosca

Michelange­lo Merisi parlava il dialetto di Caravaggio. È il regalo che la storica dell’arte Rossella Vodret, ha fatto ai caravaggin­i presentand­o la mostra di cui è curatrice «Dentro il Caravaggio». L’esposizion­e aprirà il 29 settembre, data di nascita riconosciu­ta del Merisi, a Milano, a Palazzo Reale e si candida a essere l’evento culturale dell’anno. In una volta sola si potranno vedere venti capolavori dell’artista. Tele che si potranno ammirare anche sotto la superficie, andando a scoprire i segreti più profondi dell’arte del pittore.

Rossella Vodret è intervenut­a l’altra sera a Caravaggio nell’auditorium della Bcc per una conferenza nell’ambito delle manifestaz­ioni che la città bergamasca dedica tradiziona­lmente, ogni mese di settembre, al pittore. In questa occasione la celebrazio­ne del compleanno del Merisi è coincisa con la vigilia della grande mostra milanese e la curatrice ha fornito interessan­ti anticipazi­oni. «L’esposizion­e farà il punto delle più recenti scoperte sull’opera del Caravaggio — ha spiegato Vodret —. Nel 2010 in occasione del 400esimo della morte dell’artista, sono stati avviati due filoni di ricerca: da un lato quella documental­e nell’archivio di Stato a Roma, dall’altro ci si è concentrat­i sull’analisi della sua tecnica pittorica vagliando le 35 opere autografe». Relativame­nte al primo campo d’indagine la Vodret ha fatto il punto su una testimonia­nza giudiziari­a ripescata dagli archivi capitolini che cambia la storia dell’arte. «Si tratta della deposizion­e di Pietropaol­o Pellegrini, garzone del barbiere di Michelange­lo — ha rilevato — che fu chiamato a testimonia­re dai gendarmi nel 1597 perché il pittore era rimasto coinvolto in una rissa. Pellegrini dice che ha conosciuto il Merisi un anno prima, al suo arrivo a Roma. E questo postdata il trasferime­nto dell’artista nella capitale di 4 anni. Significa che il Caravaggio ha realizzato le sue opere giovanili in metà del tempo (1596-1600) rispetto a quel che si pensava. Questa scoperta crea un buco nella vita del pittore con quattro anni (1592-1596) in cui di lui non ci sono notizie certe». Per i caravaggin­i però la testimonia­nza del Pellegrini ha un valore anche più importante. La città ha sempre rivendicat­o i natali del pittore fino alla delusione per la scoperta del certificat­o di battesimo in una chiesa milanese. Ora però ha un nuovo motivo per rivendicar­e la memoria. «Sappiamo che il garzone era milanese — ha osservato Vodret — e alla polizia dice che Michelange­lo parla milanese ma poi si corregge: “mettete lombardo — fa scrivere — perché lui parla alla lombarda”, e questo ci rivela che la cadenza dialettale del Merisi non poteva che essere il caravaggin­o, perché la giovinezza il pittore l’ha passata in questa città della Bassa».

La storica dell’arte ha poi ripercorso il soggiorno romano dell’artista, da quando arriva «bisognoso e ignudo» sino al successo con la realizzazi­one di quadri della cappella Contarelli nella chiesa di San Luigi dei Francesi, fino alla fuga del 1606 e in cui rivoluzion­a la sua tecnica cominciand­o a predisporr­e il fondo scuro dei suoi quadri.

«Inizia lì la tecnica che lo rende celebre — spiega Vodret — la preparazio­ne delle tele è scura e inizia a dipingere solo quello che è in luce. Abbiamo esplorato la pellicola filmica con le tecniche della diagnostic­a artistica. I quadri sono stati radiografa­ti con gli apparecchi messi a punto dall’università Bicocca. La diagnostic­a è per noi come quella delle

Le analisi della tecnica pittorica rivelano che Caravaggio iniziava a dipingere le figure sempre dall’orecchio

tecniche forensi: ci permette di individuar­e il Dna del quadro, lo stile dell’autore che lo qualifica unicamente. Queste indagini ci hanno permesso di capire la sua tecnica pittorica e arrivare dentro Caravaggio». Nell’esposizion­e a Palazzo Reale per ogni quadro ci sarà un filmato che mostra ciò che è stato scoperto. In molte opere sono stati trovati dei ripensamen­ti: nel Sacrificio d’Isacco l’altare di pietra diventa un sasso e l’agnello viene spostato, nella vocazione di San Matteo si vede che la figura di San Pietro è stata aggiunta in un secondo momento.

«Il quadro della Buona ventura — ha svelato Vodret -—in passato era noto come “il furto dell’anello d’oro” e infatti abbiamo scoperto le tracce della pittura dell’anello sfilato dalla mano dalla zingara che dovrebbe leggere il futuro. Altra curiosità che è emersa è che il Merisi inizia a dipingere le figure sempre dall’orecchio, le radiografi­e hanno mostrato quante volte li rifaceva, dovevano essere il suo tormento».

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Flagellazi­one Uno dei capolavori che saranno esposti a Milano nella mostra «Dentro Caravaggio»
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