Contratti dei prof, Gdf all’Università
Le Fiamme gialle acquisiscono i fascicoli di dieci docenti per verificare esclusive e lavori extra
La Guardia di finanza ha acquisito la documentazione relativa a una decina di professori negli uffici amministrativi dell’Università di Bergamo. C’è stata più volte, anche nei giorni scorsi. Ora spulcerà i contratti per verificare se i docenti rispettano le condizioni. Le esclusive, per esempio, che danno diritto a un’indennità a fronte della rinuncia a insegnare in altri atenei. O i lavori extra non consentiti. Le eventuali violazioni possono tradursi in danno all’Erario e, di conseguenza, passare nelle mani della Corte dei conti.
«Buongiorno, Guardia di Finanza». Una frase così fa venire il mal di pancia anche a chi è sicuro di non avere scheletri nell’armadio. O meglio, nel cassetto, perché è tra le carte che le Fiamme gialle mettono le mani e la testa.
Qualche agitazione la provocheranno gli accertamenti in corso sui contratti di una decina di professori dell’Università di Bergamo. I finanzieri si sono presentati più volte negli uffici amministrativi dell’Ateneo, anche nei giorni scorsi, per chiedere la documentazione. Una presenza che, per quanto discreta, senza divise e lampeggianti da blitz, ha provocato qualche rumor. Non si tratta di un’inchiesta sull’onda degli arresti di Firenze per la spartizione delle cattedre. Non c’entra nulla.
Allo stato, quello di Bergamo è un lavoro amministrativo partito già da qualche tempo. Si parla dunque di possibili profili di danno all’erario, una faccenda da Corte dei conti, ma dipende da che cosa emergerà dalla documentazione. Gli uomini di via dei Partigiani spulceranno i fascicoli personali acquisiti negli uffici amministrativi (la direzione generale e del personale è in via dei Caniana) per verificare se i contratti vengono rispettati.
Da parte dei docenti, si intende. Di chi ha dato la sua disponibilità in modo esclusivo a Bergamo, soprattutto. Questo perché a fronte della «clausola» il compenso è più alto, una sorta di indennità per il fatto di rinunciare a insegnare in altre università. C’è chi è prof a tempo pieno, la sola carriera, e chi, professionista in uno specifico settore, porta in cattedra le sue conoscenze lavorative acquisite sul campo. Anche la seconda opzione è possibile, dipende dal tipo di accordo.
Le verifiche riguardano infatti anche altri aspetti. Se, per esempio, chi non potrebbe per contratto, oltre a insegnare in facoltà, svolge un altro lavoro. Non è dato sapere su quali professori sia stata puntata la lente e con quale criterio. Si sa, però, che non appar tengono a un’unica facoltà ma che le verifiche sono trasversali.
Dieci prof non sono molti a fronte dei numerosi che insegnano. Dai dati dell’università (sul sito al 2015) risultano 318 docenti e 230 dipendenti tecnico-amministrativi. Se in cattedra sale il 38% di donne, dietro a sportelli, computer e scrivanie sono il 76%. Solo i corsi di laurea triennali sono 14, i quinquennali sono 3 e i corsi di laurea magistrale sono 16. Economia, Filosofia, Ingegneria, Lettere, Lingue, Giurisprudenza. Letterati o tecnici, percorsi brevi o percorsi lunghi, la rosa dell’offerta è completa. Gli studenti nell’anno accademico 2015/2016 erano 17.000 ma con l’aumento degli iscritti di quest’anno si viaggia verso i 19.000. Le matricole del 2017 sono 6.861, il 20% in più dello scorso anno. L’obiettivo dell’università per il 2020 è tagliare il traguardo dei 20.000 studenti iscritti.
L’esclusiva Chi rinuncia ad altri incarichi viene pagato con una sorta di indennità