Amore e compilation
Il racconto di Laganà e Ribaudo nella raccolta Vinyl
«Innamorato dietro la veranda. Con un sorriso (sarcastico) per difendersi. E un passaporto per andare via». Inizia così «Un bacio davanti a quel portone», scritto a quattro mani da Massimo Laganà, giornalista di Oggi, bergamasco d’adozione, e Vito Ribaudo, direttore risorse umane di Rcs. Il racconto rientra, insieme ad altri 21, nella raccolta «Vinyl», in uscita domani (5 ottobre). L’antologia parla di dischi che cambiano una vita e, a volte, la salvano: certo sono sempre qualcosa in più di una colonna sonora.
Qui la musica è di De Gregori. Echeggia, come un costante sottofondo, e a tratti si fa presente, affiorando in citazioni sparse che si infilano tra le fessure delle frasi, giocano con le parole, scandiscono il tempo del racconto e della memoria. Perché di memoria, in parte, si tratta. «È autobiografico — dice Massimo Laganà, 51 anni, che come uno dei protagonisti, Massimiliano, è originario di Reggio Calabria —. Sono pezzi di vita ricamati e romanzati. All’epoca (sono gli anni ‘70, e più precisamente il ‘78, l’anno di uscita dell’album De Gregori), per conquistare una ragazza uno dei mezzi più romantici era preparare una compilation dagli album con le cassette Tdk».
All’inizio del racconto, la musica è sparata a tutto volume. È estate. Massimiliano, detto Max, cerca di contrastare una notte di delusione amorosa e solenne ubriacatura urlando i suoi sentimenti insieme a De Gregori. Tra gli (involontari) ascoltatori, c’è anche Teresa, sua compagna di classe e vicina di casa. La sera prima, a una festa, Max avrebbe dovuto finalmente fare il primo passo con lei, ma la sua «orgogliosa timidezza» gliel’ha impedito. Ed ecco che lei, per ripicca, ha baciato un altro. Ora Max se ne andrà in Sicilia dal cugino Nino, per tutta l’estate. Ritroverà Teresa solo quando il racconto volgerà verso la fine, per vedere se la musica cambierà. Max ascolta De Gregori anche con Nino. «Non credo che da ragazzo ne afferrassi tutte le immagini — ricorda Laganà —, ma risvegliava qualcosa di ancestrale. Mi è rimasto come punto di riferimento. Il cugino citato nel racconto esiste davvero e ancora adesso, se ascoltiamo un disco di De Gregori e lui non lo apprezza completamente, è un po’ come se ferisse i nostri ricordi», aggiunge sorridendo.
Nino è la voce narrante. Ma solo di alcuni brani. «È una storia scritta “di rimbalzo” — dice Laganà —. A partire dal disco che abbiamo in comune, siamo andati avanti in modo parallelo e poi abbiamo cucito i brani, dando loro una forma unitaria».
Tra le pagine si delinea il rapporto tra Max e Nino. Quest’ultimo è il più giovane e nutre per Max l’ammirata devozione che un quattordicenne può riservare a un ragazzo più grande. I due, insieme, si lanciano in lunghe conversazioni, in passeggiate nei boschi, fanno incontri terribili e inattesi che lasciano per sempre il segno. Ovunque, vibra la musica. «Ci sono — si legge — momenti di sintesi fra passato, presente e futuro, che solo alcune melodie sanno cristallizzare. È allora che una vaga quanto acuta sensazione diviene unica e irripetibile. Impossibile da dimenticare. Perché si fa storia nell’attimo stesso in cui svanisce. Ero sicuramente io che “salivo su una sedia, per guardare i treni da dietro alla finestra su un cortile grande”».
Laganà conclude dicendo che «il racconto è il figlio diretto del giornalismo. Anche per scrivere un buon pezzo di cronaca bisogna scavare nelle emozioni dei personaggi, cercare di farne il ritratto». Ha iniziato a dedicarsi ai racconti partecipando alle antologie della serie delle «Città d’autore», di Morellini editore. Sono pubblicati per ora i volumi dedicati alle città di Milano, Roma, Bologna ed è in uscita Genova.
La storia Delusioni sentimentali figlie della timidezza e sullo sfondo la musica di De Gregori