IL DIRITTO AL VIAGGIO
Ogni giorno, nella più totale indifferenza di autorità e operatori, sugli autobus della città e delle valli si ripetono scene di assalto alla diligenza, che non sono degne di un Paese civile. Mi è toccato di assistere alla carica del pullman della Sab da parte degli studenti dell’istituto Romero di Albino. Prima è la mischia per salire, poi il viaggio in assenza delle più elementari norme di sicurezza, con uno stile carro bestiame, che, nell’impossibilità della compenetrazione dei corpi, prevede la regolare espulsione di qualche sfortunato passeggero alla prima fermata. I contributi pubblici alle autolinee scarseggiano, il conto economico piange, i tagli sono all’ordine del giorno, mentre il numero degli iscritti alle scuole cresce. Il risultato? Il diritto allo studio non è anche diritto ad accedere dignitosamente alle infrastrutture logistiche incaricate di tradurlo in pratica. I ragazzi devono studiare, ma come raggiungano le scuole, dopo levatacce antelucane, resta affar loro. Fino a dodici anni, giustamente, i bambini devono viaggiare debitamente allacciati a seggiolini omologati. Poi facciano quello che vogliono. E non sulla macchina di genitori negligenti, all’occorrenza severamente multati, ma sui mezzi del servizio pubblico, dove lo stile più in voga è la scatola di sardine.In questa situazione ci tocca pure sorbirci le paternali dei nostri amministratori, che intessono nobili elogi di questo indecoroso e pericoloso servizio pubblico, facendo di tutto per scoraggiare l’auto privata.