Praderio, cent’anni vissuti sul filo di lana
Nel 1945 c’erano tre «uomini di fatica» e venti commessi, oggi solo i due titolari
Per primo è arrivato il bisnonno, il signor Romualdo. Nel 1917, ha aperto il negozio che porta il suo nome, Romualdo Praderio Casa della Lana, al numero 99 di via XX Settembre. Il negozio è ancora lì, e ha appena compiuto un secolo. Ha visto passare quattro generazioni di Praderio e ora è gestito dai fratelli Mario, 46 anni, e Andrea, 42.
Basta varcare la porta rossa per entrare in un mondo sospeso. La struttura è la stessa di cent’anni fa, con la scala a chiocciola che porta al secondo piano, un camminamento con balconcino e inferriata che percorre il perimetro interno del negozio. E l’orolocontinua gio, «che va a molla. L’ho caricato mezz’ora fa», dice Mario. E il lampadario di vetro, che sembra uscito da un libro di fiabe. «Appeso lì, fino agli anni ’60 — inizia a raccontare Mario —, c’era un ventilatore. Enorme, pesante, rumoroso. Un giorno è caduto di schianto. Il negozio era pieno di clienti, come sempre. Fortuna che non passava sotto nessuno in quel momento».
I «tempi d’oro» per la Casa della Lana erano gli anni del secondo Dopoguerra. «Si vendevano soprattutto gomitoli – -. La gente era povera e abituata a farsi i vestiti in casa. Dopo la Seconda guerra mondiale, le donne sapevano ricavare abiti anche da materiali miseri, anche da spaghi». Il negozio vendeva all’ingrosso. «C’erano venti commessi e tre “uomini di fatica” che preparavano grandi pacchi di gomitoli, li caricavano sulle biciclette e li portavano alla stazione. Da lì i pacchi partivano per i paesi e anche per altre città della Lombardia».
I pacchi venivano confezionati in negozio e passavano nel magazzino, al piano di sotto, attraverso un buco nelle assi del pavimento, «che si trovava proprio qui, di fronte alla cassa». Laggiù si può scendere ancora per la scala a chiocciola, ma ora non c’è nulla: solo una grande stanza buia dove sembra di vedere ancora quelle mani che impacchettavano, quei pacchi che passavano di mano in mano e uscivano su via Zambonate, quelle biciclette che filavano via.
Dopo la fondazione da parte del bisnonno Romualdo e della moglie Gina, arrivati in città da Gallarate, il testimone è passato a nonno Mario e nonna Ines. Poi allo zio, anche lui Romualdo, appassionato di pittura: i quadri appesi alle pareti sono suoi. Ha gestito il negozio insieme a sua moglie Luisa, poi lo ha passato al padre Achille e infine ai figli Mario (in onore del nonno) e Andrea, che hanno preso in gestione la Casa della Lana negli anni 2000. «Mio fratello — continua Mario — ha appena avuto una bambina. Sarebbe bello che anche lei continuasse l’attività».
Negli anni si è passato dalla vendita all’ingrosso a quella al dettaglio e negli ultimi tempi i gomitoli si vendono molto meno, ma ancora ricoprono le due pareti in fondo al locale. Si trovano articoli per la casa, tovaglie, salviette, tappeti, tende, ma anche calze, bretelle, spugne. «Manca solo il diavolo, qui dentro». Dice la signora Franca. È appena entrata dalla porta rossa insieme alla signora Lia. Sono due clienti fisse. Da un bel po’.
«Il solito?», chiede Mario. «Sì, saranno le ultime», risponde la signora Franca. Ha 91 anni e viene qui «da quando ero bambina. Entravo mano nella mano con mia madre». Ora compra delle salviette perché «con 5 figli e 10 nipoti ho da lavorare. Faccio il bordo». Sono cose che non cambiano.
Un mondo sospeso Una balconata con inferriata percorre tutto il perimetro interno del negozio Mio fratello ha appena avuto una bambina. Sarebbe bello che lei continuasse l’attività Mario Praderio