RISPARMIO E TUTELE
Colpevolizzare la Banca d’Italia, per carenza di vigilanza in ordine alla crisi del Monte dei Paschi e di altre piccole banche, significa esprimere un giudizio del tutto errato sui fatti. Non vuol dire stare dalla parte dei risparmiatori, ma solo stare dalla parte di chi sentenzia sulle apparenze; su eventi che, analizzati con giusta ponderazione, hanno tutt’altra spiegazione. Tutte le banche italiane hanno sofferto, negli anni recenti, per le conseguenze di una crisi, economica e finanziaria, mondiale. Certo tra le più gravi e più lunghe negli ultimi due secoli. Il turbamento di cui si tratta ha posto in difficoltà le imprese di ogni categoria, che sono divenute debitrici spesso non più in grado di rispettare, in tutto o in parte, le proprie obbligazioni. Quindi, quelle verso le banche finanziatrici. Nel migliore dei casi richieste di spostare le scadenze per il rimborso dei prestiti erogati, rinunciando a una parte degli interessi. Nelle situazioni più compromesse, di perdere interessi e capitale. Ed è intuitivo che le banche più robuste e prudenti hanno potuto digerire la pillola, ancorché molto amara. Altre banche, sospinte ad errare da pressioni politiche o da relazioni di clientela e di partecipazione al governo sociale, meno robuste e meno attente, si sono dimostrate fragili. Ciò è nelle cose e nella storia. Le epidemie non fanno morire tutti, ma certo quanti sono meno resistenti al male e non hanno saputo o potuto usare precauzioni. Ciò non è colpa dei medici curanti, che debbono consigliare, ordinare terapie, ma certo non sono tenuti a provvedere in luogo e vece dei pazienti.
Tutelare il risparmio non significa esonerare i singoli risparmiatori dalle cautele e dall’attenzione. Solo i debiti delle banche che hanno funzione monetaria, e quindi inevitabili nel mondo moderno per regolare scambi, possono fruire di una assicurazione, finanziata pro quota da tutte le banche. Per gli altri debiti delle banche sono possibili solo informazioni puntuali, chiare, ma poi chi compra quei debiti non può pretendere di essere garantito, oltre le tutele che la legge consente.Tutt’altra cosa è la convenienza che la fiducia nelle banche non sia mai posta in gioco e quindi sia meglio impedire che un ente creditizio in difficoltà vada in risoluzione (bail in). A tal fine le banche centrali, cui è affidata la vigilanza bancaria, si adoperano al massimo, ma non possono fare altro che ricercare la soluzione dei problemi attraverso la solidarietà di altre banche. I tempi necessari a ciò non sono nel controllo delle autorità, ma nella volontà delle banche. Se i tempi si allungano i problemi volgono non a risolversi ma ad aggravarsi, ma ciò non è carenza di vigilanza. È il costo di non potere imporre la solidarietà interbancaria. Che alla fine si manifesta come male minore, per tutti. Necessita del tempo per capire che la medicina è sgradevole ma inevitabile. Anche il banchiere centrale deve attendere, tanto più poiché il placet finale deve giungere dalla Bce. I miei lettori, del resto, conoscono la vicenda di Ubi per salvare le good banks .